martedì 12 novembre 2013

Lucania: triste, indolente y final

Lucania: triste, indolente y final

Verrebbe da abbandonarla questa Lucania. Questi Lucani pigri, indolenti, accattoni, infingardi, schiavi di un qualche privilegio, foss'anche quello di anticipare una visita specialistica di quindici giorni e, per quello, pronti a sostenere una classe politica inetta, pigra, indolente, infingarda, schiava del potere che le consente un accesso al denaro facile, senza lavoro, senza controllo, senza ritegno.

Verrebbe da lasciare questa terra scuotendo la polvere dai sandali, se non avessimo qui affetti, storia e cuore. La retorica della gente umile, lavoratrice e onesta, continua stancamente a mulinare nell'aria immobile dei contadini che seminavano a novembre per raccogliere a giugno ed hanno sostituito questa (già lenta) pratica con il set-a-side: non seminano nemmeno e, a giugno, raccolgono l'elemosina dell'Europa che li trasforma da contadini pigri in accattoni nullafacenti. I borghesi, poi, quelli che qualche lume d'intelletto dovrebbero averlo, si guardano bene dall'azzardare la formulazione d'idee o progetti, una qualche attività illuminata e costruttiva del domani. Emergono solo i più pigri, i più indolenti, i più infingardi, i più inetti; coloro che aggiungono a tali eccellenze la destrezza e la furbizia. Questi sono la classe dirigente, coloro che dirigono la nave Lucana negli sprofondi di ogni classifica di merito e sulla cresta di tutte le elencazioni di disvalore sociale, economico e culturale.

É accertato che il vertice della Procura Generale presso la Corte d'Appello di Potenza, Vincenzo Tufano, Modestino Roca, Gaetano Bonomi (ed una imprecisabile schiera di funzionari apicali delle forze dell'ordine) meritano una richiesta di rinvio a giudizio per associazione per delinquere finalizzata alla costituzione di una setta segreta.

É acclarato che ad un Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Matera, Annunziata Cazzetta, viene consentito per anni di occuparsi (quasi in regime di monopolio) di decine di procedimenti penali a carico di un giornalista dopo averlo ripetutamente querelato. Salvo poi condannare la sventurata alla censura mitigata dall'attenuante (falsa) di aver tenuto un solo procedimento! E Annunziata Cazzetta continua a restare a Matera, monito per quanti volessero illudersi che ai magistrati infedeli possa capitare un qualche dispiacere.

É proprio vero che un politico di alto profilo, Bubbico Filippo (architetto), intascava il 75% delle progettazioni finanziate da fondi europei per la realizzazione di impianti di gelsibachicoltura (anche questi finanziati per miliardi di lire) presso le aziende agricole di suo padre, di suo suocero e di altri cittadini italiani che non hanno prodotto un solo filo di seta.

É emerso dagli atti giudiziari che il Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Matera, Celestina Gravina, ha nascosto una querela per calunnia contro Emilio Nicola Buccico infilandola in un procedimento penale che era già avviato all'archiviazione (ben prima che la querela fosse depositata) e, non contenta, ha trasmesso l'opposizione a quella stessa archiviazione solo dopo che il giudice aveva assunto la decisione di archiviare. Un episodio di favoreggiamento spudorato e gravissimo.

Sono agli atti del Consiglio dei Ministri del 13 novembre 2003, le dichiarazioni virgolettate del Ministro Altero Matteoli e del Sottosegretario Gianni Letta, in cui Filippo Bubbico viene indicato come consenziente (ma non entusiasta) della scelta di ubicare a Scanzano il Deposito Unico delle scorie nucleari Italiane. Bubbico, in difesa del suo onore violato, ha querelato il Ministro Carlo Amedeo Giovanardi ed i giornalisti che quel verbale resero pubblico. Come se avesse un onorabilità da difendere uno che strozza l'agronomo pretendendo il “ritorno” del 75% del suo fatturato! Ma in Italia, questi signori li fanno vice-ministri agli interni, così che possano industriarsi con dovizia di mezzi nell'affinamento delle qualità già mostrate.

É sotto gli occhi di tutti il villaggio “Marinagri”, finanziato con decine di milioni di euro di soldi pubblici e costruito nell'alveo di piena del fiume Agri. Occorre aggiungere spiegazioni o commenti?

É stato reso formalmente noto alle Procure della Repubblica di Potenza e Napoli, che dal più grande giacimento petrolifero dell'Europa continentale, sotto il suolo Lucano, insieme col petrolio, vengono estratte decine di migliaia di tonnellate di “gas-stream” di cui non si conosce il destino. Ma nella terra dei misteri, non esiste nemmeno il contatore che misura le quantità di greggio estratto, queste domande non meritano nemmeno una risposta.

Migliaia di giovani hanno scelto di abbandonare questa terra ed i genitori coscienziosi è questo che consigliano ai propri figli: partire per non tornare.

Allora bisogna chiedersi se vale ancora la pena di restare, se vale la pena di scrivere quando tanti tacciono o, peggio, prestano la penna al valvassore di turno che gli lancerà un tozzo di pane per sopravvivere (e nemmeno tanto grande!).

Certo, ad evitare entusiasmi da “scampato pericolo” di siffatti cialtroni, siamo consapevoli che non potremo lasciare la Lucania, abbandonare il campo, prima di aver terminato quanto abbiamo iniziato. Poiché siamo cavalieri d'antico e indomito cuore e non ci ritireremo se non quando i nostri figli potranno tornare e ricostruire dove loro hanno depredato, distrutto e cancellato. Ma non ci vorrà ancora molto.
Nicola Piccenna, alias Filippo de Lubac

sabato 14 settembre 2013

Le regionarie segrete del Movimento 5 Stelle di Basilicata

Le regionarie segrete del Movimento 5 Stelle di Basilicata

Si fa un bel parlare di democrazia dal basso, di nuova era dominata dal web, e poi di tante altre cose che presuppongono una reale e totale dedizione al “bene comune” perseguita attraverso nuove forme di comunicazione e collegamento tra cittadini. Già, il collegamento attraverso il web, notizie che viaggiano alla velocità della luce e a costo zero.
Ebbene, quanti sanno che domenica 15 settembre, all'Hotel Veteris in Vietri di Potenza si terranno le “REGIONARIE” per scegliere i candidati del Movimento 5 Stelle alle elezioni del Consiglio Regionale della Basilicata?
Pochi, pochissimi! Ancor meno. Forse solo il cittadino senatore ed il cittadino deputato, conoscono i nomi dei candidati a queste “regionarie”.
Si può andare a votare chi sarà candidato a rappresentare i cittadini ed il Movimento senza avere il tempo di farsi un'idea di chi si presenta e con quali proposte?
Chi ha deciso data e luogo? A chi lo ha comunicato?
Sul sito: www.basilicata5stelle.it è inaccessibile la pagina del forum, come usava la Pravda delle migliori tradizioni. Dove siamo capitati?
Si vota a partire dalle 12.30, occorre portare: 1) la stampa della pagina web del profilo d'iscrizione (dopo aver effettuato il login, andare su “modifica profilo”) da cui risulti che l'identità è stata verificata e su cui sono riportati i dati anagrafici; 2) un documento di riconoscimento in corso di validità; 3) il certificato elettorale (non sarebbe indispensabile ma alcune “voci” lo consigliano.
Io ci sarò, nella speranza di incontrare qualche faccia conosciuta e porre qualche domanda per decidere con un minimo di cognizione chi sostenere per questa corsa alle regionali di Basilicata che, certamente, non inizia col piede giusto. Ritengo che, come me, dovrebbero fare quanti hanno in animo di determinare un vento nuovo in Lucania: prima i candidati venivano “decisi” nelle segreterie dei partiti, adesso li scelgono due persone e li vestono di suffragio popolare con 200 voti espressi in luoghi remoti e segreti? Quanti sono gli iscritti a Vietri, quanti a Potenza e quanti a Matera? Perché non si vota dove ci sono più iscritti? Perché non si vota attraverso internet?
Si parla di novità (e non dico altro) ma sembra ci si muova come se ci fossero tanti club privé da ammantare di democrazia con quattro, sette o dieci “voti”. Così non si va da nessuna parte.
 
Il cittadino senatore Vito Petrocelli e la cittadina deputata Mirella Liuzzi, sono pregati di far sentire una flebile voce sul tema.

sabato 31 agosto 2013

Regione Basilicata: Come utilizzare il giacimento di petrolio più grande d'Europa senza estrarre un solo barile di greggio

La Basilicata galleggia sul giacimento petrolifero più ricco dell'Europa continentale.
Il suo sfruttamento è disciplinato da un accordo firmato dall'ENI S.p.A. e dalla Regione Basilicata. Nell'accordo non è indicato a quale titolo una compagnia petrolifera privata (seppur con l'azionariato controllato dallo Stato) sottoscriva l'intesa che riguarda lo sfruttamento di un bene del sottosuolo, cioè di proprietà dello Stato Italiano. Nemmeno è specificato che l'ENI ha ricevuto una procura speciale oppure una delega a rappresentare lo Stato. E' invece scritto che ENI interviene anche per conto della Enterprise Oil, senza indicare a quale titolo questa compagnia straniera partecipi di un accordo tra lo Stato Italiano e la Regione Basilicata.
Il punto cardine del programma di chiunque voglia concorrere all'elezione del nuovo governatore della Basilicata, deve essere la ridiscussione dell'accordo per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi Lucani, risorsa strategica e fondamentale per il rilancio dell'Italia intera.
Una proposta concreta è certo quella avanzata qualche mese fa sul settimanale "L'Indipendente Lucano": l'emissione di "bond" garantiti dal valore del giacimento Lucano, che consiste in 900 milioni di barili, secondo dichiarazioni abbastanza recenti dell'ENI; mentre sarebbe compreso tra i 10 ed i 15 miliardi di barili, stando ad una pubblicazione effettuata dall'ENI/AGIP ai tempi del compianto Mattei.
I bond, con scadenze scaglionate in 20-30 annualità e garantiti dal petrolio, potrebbero essere collocati con tassi di rendimento molto bassi poiché gli investitori non solo non correrebbero rischi ma otterrebbero una garanzia in "barili" valutati al prezzo attuale che, alla scadenza renderebbero un ulteriore margine collegato alla rivalutazione del prezzo del petrolio.
L'enorme liquidità ricavata, nel caso si accertasse che la valutazione "Mattei" era corretta, consentirebbe di azzerare il debito pubblico Italiano ottenendo una liquidità aggiuntiva (derivata) pari al risparmio degli interessi che annualmente l'Italia paga per rinnovare il debito stesso.
Con questa enorme liquidità, l'Italia potrebbe avviare una politica di trasformazione della struttura di produzione dell'energia necessaria alla vita della nazione, migrando verso una totale produzione da fonti rinnovabili con l'utilizzo esclusivo di apparati di potenza basati su propulsori elettrici.
Alla scadenza dei bond, l'economia Italiana, affrancata dalla "bolletta energetica" che prevalentemente su paga a fornitori esteri (di petrolio, gas e/o energia elettrica), sarebbe certamente nelle condizioni di far fronte al rimborso degli stessi.
Il tutto senza estrarre un solo ulteriore barile di petrolio.
E pensate che un Paese completamente libero da emissioni inquinanti non diventi il paradiso desiderato da turisti e imprenditori di tutto il mondo? Senza considerare gli enormi e quantificabili risparmi sulla bolletta sanitaria!
Credo si tratti di una proposta semplice ma comprensibile.
Quale schieramento politico sarà disposto a farsene carico in vista delle imminenti elezioni regionali?
I Lucani, gli Italiani ed il mondo intero gliene sarà grato.

sabato 3 agosto 2013

Parlamentari prigionieri consapevoli: liberiamoli!

Come è possibile che una persona di buonsenso creda che Ruby (Rubacuori) sia nipote di Mubarak? Come è possibile che una persona di buonsenso pensi di imporre al Presidente della Repubblica la concessione della grazia a tre giorni da una condanna definitiva (ed in pendenza di altri giudizi con condanne in primo grado)? Come è possibile confondere la persecuzione politica con i delitti comuni di sfruttamento della prostituzione minorile e frode fiscale?
Non è possibile e non accade, allora vuol dire che i parlamentari italiani che si sono prestati a queste ridicole e tragiche burle, di cui ci ride dietro tutto il mondo, non sono persone libere poiché non possono essere privi di buonsenso.
Non sono liberi, è così, ma hanno scelto di rinunciare alla libertà consapevolmente, dopo una trattativa di compravendita: la libertà in cambio di un seggio parlamentare. Un seggio che l'acquirente ha nelle proprie disponibilità in quanto in grado di redigere le liste dei candidati alle elezioni stabilendone l'ordine numerario. Il “porcellum”, una legge elettorale che priva il cittadino elettore della facoltà di eleggere i parlamentari, consente tutto ciò.
E non è solo Silvio Berlusconi a godere di questi ignobili ed incostituzionali vantaggi. Tutti i partiti, movimenti e formazioni civiche detengono questo potere esercitato con maggiore o minore evidenza dal leader unico, ove presente, o dalla leadership. Cosicché sono davvero pochi i parlamentari disposti a mettere a rischio la propria rielezione esercitando il mandato parlamentare in piena coscienza ed autonomia di pensiero.
Infatti il “porcellum” nessuno lo sta cambiando e fintanto che resterà i “pupazzi” parlamentari saranno (in massima parte) spostati colà dove il capo vuole, arrivando a compiere atti e manifestazioni di cui dovranno vergognarsi per tutta la vita e, vi assicuro, dovranno farlo.
Sono scritti nella storia d'Italia i nomi dei parlamentari che hanno votato la mozione: “Ruby nipote di Mubarak”. Sono nelle teche della Rai e di tutte le emittenti italiane e straniere e di internet, le immagini dei parlamentari messi in bella mostra sulle scale del Palazzo di Giustizia di Milano per rivendicare come una persecuzione giudiziaria ingiusta ciò che, in primo grado, è stato giudicato reato meritevole di sette anni di reclusione. Saranno altri e diversi i palcoscenici su cui verranno portati ad esibirsi questi sfortunati personaggi ormai privi di ogni parvenza di dignità e pronti a tutto pur di restare in quelle “liste” in posizione “utile” per la rielezione.
Occorre liberarli, occorre che l'elezione di chiunque ritorni ad essere determinata da un esplicito e diretto pronunciamento dell'elettore. Sanno benissimo che, appena ciò accadrà, non avranno scampo e torneranno a guadagnarsi la vita lavorando, per quelli che un lavoro ce l'hanno. Gli altri, comunque, avranno adeguate prebende e pensioni da non patire le sofferenze di un Italiano medio.
Vedrete che appena eliminato il “porcellum”, saranno molti di meno quelli che si esibiranno in improprie manifestazioni di solidarietà ad un pregiudicato e molti di più coloro che porranno mano ad una vera riforma della giustizia.
Concediamo la libertà ai parlamentari di esercitare in piena coscienza un mandato ricevuto direttamente dal popolo: abroghiamo il “porcellum” e vedrete che l'ovvio tornerà ad essere ovvio per tutti
di Nicola Piccenna

mercoledì 17 luglio 2013

Domande al Viceministro Filippo Bubbico dello stato dei serbatoi di sostanze radioattive della Trisaia?

Quali iniziative assumerà Bubbico per informare i lucani e garantirne la sicurezza?
Un articolo, pubblicato sul settimanale “Il Resto” in data 9 giugno 2007, raccontava per filo e per segno quali sono i rischi che le barre di combustibile e i resti del riprocessamento del combustibile nucleare esausto, conservate presso il Centro Enea Trisaia a Rotondella, comportano per i Lucani e l'ambiente di un'area vastissima che comprende buona parte del Meridione d'Italia. Raccontava, anche, quali conseguenze avrebbero patito gli abitanti nel raggio di 400 chilometri in caso di incidente nucleare. Da quella data, nulla è cambiato anzi, quei serbatoi che erano “scaduti” da circa 25 anni oggi lo sono da 30. Trent'anni fa non garantivano più la tenuta di una poltiglia altamente corrosiva e radioattiva che da sola inquinerebbe l'ambiente per chilometri e chilometri, figuriamoci oggi. Come si sa, queste delicatissime questioni vengono trattate dal Ministero degli Interni ed oggi, un lucano, di quell'ufficio pubblico è Viceministro.
Illustrissimo sen. Filippo Bubbico, Lei cosa sa della sicurezza delle scorie nucleari custodite, negligentemente e neghittosamente, presso il Centro Trisaia di Rotondella? Quale piano a tutela della integrità delle popolazioni lucane ha predisposto il Ministero degli Interni in caso di incidente nucleare nel Centro Trisaia di Rotondella?
Illustrissimo signor viceministro, dieci anni fa (ed anche qualche giorno fa) lei sostenne di non conoscere l'intenzione del Governo Berlusconi di ubicare a Scanzano Jonico il sito unico delle scorie nucleari italiane mentre il sottosegretario Gianni Letta ed il Ministro Matteoli sostenevano il contrario (vedasi il verbale del Consiglio dei Ministri). Ebbene, oggi glielo chiediamo in anticipo così da evitare penose querele: Signor Viceministro Bubbico, Lei oggi cosa sa dello stato di conservazione dei rifiuti radioattivi del Centro Trisaia di Rotondella? Se nulla sa, potrebbe cortesemente informarsi a fare sapere qualcosa ai suoi concittadini lucani? (magari prima del 29 luglio prossimo!)

Dal settimanale “Il Resto” di Sabato 9 giugno 2007
NOI LUCANI, SEDUTI SULLA BOMBA ATOMICA
In una breve conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri.
“Noi non ci saremo”. Quelli che ricordano questa celebre canzone dei “Nomadi” hanno dai cinquant’anni in su. Per questo occorre spiegare qualcosa prima di proseguire. “Vedremo soltanto una sfera di fuoco, più grande del sole più vasta del mondo...”; è l’incipit della catastrofe nucleare presagita nel drammatico testo del gruppo più “impegnato” degli anni sessanta. La fine dell’umanità dei buoni, oserei definirla “naif”, causata dall’umanità dei cattivi (imperialisti?). Il ritorno, la rinascita della vita dalla natura ma senza l’uomo. Una natura buona, saggia e positiva. Ecco spiegato il titolo; “noi non ci saremo”; perché siamo la parte negativa, rappresentiamo la cattiveria, la possibilità del male che tutto travolge e distrugge, ineluttabilmente, anche i buoni. Questa è l’utopia, quanto alcuni prevedono ed altri desiderano per poter poi dire: “ve l’avevo detto, io”! Diversa è la realtà. Non è immodificabile, non è ostaggio di uomini senza volto. È il banco di prova della nostra vita che ci è data affinché incida sulle cose e plasmi il mondo. O, almeno, ci provi. Così, per prima cosa, occorre conoscerla questa realtà, a cominciare dalla “sfera di fuoco” che potrebbe sorgere nel centro Enea di Rotondella. In una breve conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore, PM in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri. Parlò del combustibile nucleare esausto (barre e derivati) conservato (?) nel centro jonico. Il vocabolo “esausto” trae in inganno, dà l’idea di qualcosa che è attenuato, esaurito, svuotato. Invece significa l’esatto contrario. Si tratta di uranio o plutonio o qualche altra diavoleria radioattiva che non può essere più oggetto di reazione atomica controllata. Nelle centrali nucleari, le famose “barre” di combustibile vengono bombardate con fasci di particelle elementari ad alta energia. Semplificando potremo dire che una particella colpisce un atomo di uranio e lo spezza in due causando la scomparsa di qualche pezzettino di materia e la sua trasformazione in energia (E=MC2, A. Einstein). Nel trambusto, partono altre particelle che, a loro volta, spezzano altri atomi e la storia continua. Si chiama “reazione a catena” che, lasciata a se stessa, diventerebbe una esplosione nucleare. Le “barre” usate nelle centrali, fortunatamente, contengono alcune sostanze che assorbono le particelle eccedenti e stabilizzano la reazione, mantenendo costante il rapporto fra atomi colpiti e nuove particelle in grado di spaccare atomi integri. Quando queste sostanze “assorbenti” si riducono, il combustibile si dice esaurito ma, come ben capite, si tratta di un oggetto tutt’altro che innocuo. Possiamo definirlo un “cattivo” soggetto, da trattare con le molle. Tolto dalla centrale, bisogna conservarlo in condizioni di temperatura tale da evitare l’innesco della reazione atomica tipo Hiroshima. Come per Rotondella, spesso questa condizione viene realizzata mediante immersione in acqua corrente che a contatto con lo zoppo (radioattivo) impara a zoppicare. Qualcuno dovrebbe spiegare che fine fa quest’acqua altamente radioattiva. Altra tecnica, prevede il parziale riciclo, tecnicamente detto riprocessamento. La “barra” viene sminuzzata con speciali punzoni e sciolta in liquidi tremendamente corrosivi. Mediante centrifugazione, si estrae dalla poltiglia l’uranio ancora presente che viene riciclato in nuovi componenti combustibili. Resta la poltiglia, altamente radioattiva e terribilmente corrosiva. Anch’essa bisogna che sia raffreddata costantemente in appositi serbatoi adatti per resistere ai fortissimi acidi. Quelli di Rotondella sono “scaduti” da oltre vent’anni e, invece che sostituirli, vengono rabberciati dopo ogni perdita. Le diverse centinaia di barili di “terreno decorticato”, visibili ad occhio nudo nei capannoni dell’Enea (ammesso che abbiate l’autorizzazione per entrare ed una tuta anti radiazioni per restare in vita un tempo sufficiente per raccontarlo) narrano la storia dei vari incidenti che hanno inquinato i terreni circostanti il centro ITREC e chissà cos’altro. I lucani, i calabresi, i campani ed i pugliesi vivono così. Seduti sulla polveriera radioattiva in cui è conservata la busta “top secret”, rigorosamente in inglese tecnico, su cui campeggia la scritta: “da aprire solo in caso di incidente nucleare”. Vi lesse, il temerario dr. Pace, dopo aver superato dinieghi e resistenze difficili da spiegare, che sono in pericolo immediato di vita tutti gli abitanti nel raggio di 400-500 chilometri e poi via via con disegnini e cerchi concentrici sempre più larghi e di diverso colore. “Ma noi non ci sareeeemoooo, noi non ci sareeeeeemooo”. Forse. (di Claudio Galante)

venerdì 28 giugno 2013

Il ritratto. Con Emilio Colombo se ne va l’interprete del Sud immobile e stagnante

La morte di Emilio Colombo non è semplicemente un accadimento naturale. La morte di un uomo che ha segnato così a lungo e profondamente la vita della Lucania è soprattutto, per noi che del dato umano siamo poco o nulla partecipi anche per ragioni anagrafiche, un fatto politico.
Ma una critica del settantennato del personaggio non può soffermarsi certo sulla maldicenza popolare, prodotto e contrappunto, forse persino naturale, di quella stessa collettiva adorazione che in tantissimi gli hanno tributato per decenni: Colombo delle promesse industriali, Colombo del mancato sviluppo, e così via fino al Colombo della repressione dei moti di Reggio, degli opachi retroscena giudiziari, e giù ancora fino al fondo del Colombo presunto vorace omosessuale, impenitente cocainomane, padre naturale di decine di bambini per grazia di compiacenti contadine, padre naturale perfino (anche questo si è detto…) del mattoide pluriomicida Danilo Restivo e chissà cos’altro. Questioni avvolte nella nebbia caratteristica del mito, storie, se si esclude la triste vicenda della cocaina, che puzzano di fantasia lontano un miglio.
Emilio Colombo, come restituito dai ricordi recenti, è una figura di grande spessore, autore e responsabile di una strategia politica le cui conseguenze tutti vediamo realizzate. Basta leggere i giornali “del giorno dopo”, per rendersi conto di quanto la classe dirigente lucana debba al suo padre fondatore: ogni firma di riguardo (quelle poche) si dà tutta al ricordo, al panegirico, alla lode sperticata. Hanno ragione di sentirsene orfani.
Emilio Colombo è stato la Basilicata fino a oggi. L’idea stessa che lo sviluppo non debba accompagnarsi all’emancipazione culturale, il famoso “modello Basilicata”, è tutta farina del suo sacco. Per decenni Colombo ha coltivato, volontariamente o meno forse nemmeno è importante, il Lucano medio come un modello di ossequiosa assuefazione al potere, allevando in parallelo una classe dirigente impermeabile a ogni confronto democratico, investita della sola funzione di comando delle masse: contributi a pioggia e ferreo controllo del territorio, paternalistica comprensione per tutti ma la parola a nessuno, fino a dividere i Lucani in due fazioni: coloro che ricevono i benefici della raccomandazione, dei contributi pubblici, della lottizzazione urbanistica, della tolleranza amministrativa, e quelli che emigrano. Se per rimpinguare le file dei primi c’è sempre una possibilità, e si sprecano i posti pubblici e privati gonfiati alla bisogna, per i secondi nessuno, neanche nel 2013, riesce a trovare ancora un posto.
Come in una grande competizione truccata, ancora oggi in Basilicata ogni iniziativa ed energia si schianta contro il muro delle regole non scritte: non affermare diritto ciò che può essere accordato come favore, non approcciare in maniera frontale una questione che può seguire una via obliqua. La Basilicata non ha mai avuto un piano industriale, pure più volte promesso, non ha mai avuto un’università in grado di innescare volani di sviluppo, pure più volte auspicati. Non l’agricoltura, che langue in distese sconfinate dove ancora oggi l’occhio non scorge la sagoma di un mulino o di un silos, può dare lavoro ai suoi figli; non il turismo, sbandierato in ogni occasione e perso nel labirinto dei divieti, della diffusa corruzione e delle grandi occasioni perse.
La Basilicata ha avuto per settant’anni solo soldi, soldi, una montagna di soldi elargiti a piene mani fino a deprimere il già debole spirito di concorrenza, il già depresso anelito all’emancipazione, all’affermazione del diritto, al progresso. Una montagna di soldi che si vantano, forse troppo, aver lasciato qualcosa di buono, ma che, soprattutto, hanno ucciso ogni moralità, se con questa bella parola indichiamo nel cittadino la volontà di lavorare, di migliorare la propria condizione e di definire un perimetro di libertà libero dai condizionamenti dei più forti. Niente più di questo abbiamo ricevuto noi Lucani onesti vivente Colombo: una montagna immane di denaro regalato a chiunque perché, proviamo a immaginare, non ponesse in pericolo, come in altre parti d’Italia, il predominio della politica sul cittadino.
Certo, forse va riconosciuta a Colombo la sincerità delle intenzioni, se consideriamo che fin dagli anni ’50, in Italia, faceva paura, a una certa élite politica, l’industria e l’autonomia dell’impresa, covo di germi socialisti e fascisti. Ma di questa “ragion di stato”, di questa epocale (fatale?) opzione storica che ha collocato la Basilicata nella pace sociale a costo della più brutta stagnazione economica, mentre in Lombardia fioriva il conflitto economico della concorrenza e il progresso del dibattito democratico, noi, che veniamo dopo Colombo e delle sue scelte dobbiamo subire gli effetti anche nostro malgrado, non possiamo che considerare responsabile l’uomo, al di là del dato umano e della sua dipartita.
Mentre nella vicina Puglia si macinano migliaia di tonnellate del nostro grano, incassando un valore aggiunto che nessuno in Basilicata, ancora nel 2013, sa come realizzare; mentre gli immobiliaristi pugliesi e campani, con i prestiti della crisi, riescono a realizzare oggi le strutture che i Lucani non seppero edificare con i miliardi della Cassa del Mezzogiorno; mentre le migliori menti e le migliori braccia si allontanano per trovare altrove la libertà (spesso, incredibilmente agevole) di fare impresa, politica, cultura, fortuna, ecco che centinaia di padri insegnano ancora ai figli a cercare una mano da baciare devoti, l’aiuto compassionevole del satrapo per la grazia di un posto di lavoro finto, la manna di un contributo pubblico per un rischio d’impresa che è un peccato voler affrontare da soli.
Ecco, semplicemente, di quella storica scelta, mentre vediamo l’ennesimo emigrante, noi dobbiamo considerare responsabile Emilio Colombo. Egli aveva la caratura politica per farci diventare migliori, ha avuto l’occasione storica (anche per ragioni legate alla grande espansione economica dei suoi anni) per farci sollevare dalle nostre paure primordiali con la pratica sacra del lavoro, della crescita, del dibattito; non lo ha fatto. Ha preferito la certezza dell’analfabetismo politico, che gli è valsa un’incontrastata devozione per settant’anni, all’incognita del progresso civile e culturale, che, come si sa, macina i rappresentanti politici come un mulino i chicchi di grano.
Di questo noi Lucani emigrati, ignorati, emarginati, inascoltati, lo dobbiamo ritenere responsabile. Dispiace molto, infine, che a ricordare il guardiano di una simile stagnazione iperconservatrice sia la sinistra lucana, i figli di coloro che volevano insegnare agli analfabeti a rivendicare dinanzi al re, i nipoti di coloro che con la “critica” volevano rivoluzionare ogni dominio dell’uomo sull’uomo, quelli che (vero?) invidiano ai tedeschi la clarità delle istituzioni.
Bisogna ancora molto dibattere sui problemi del cosiddetto Mezzogiorno, insieme destra e sinistra, per arrivarne finalmente a capo. La morte di Emilio Colombo è, spiace dirlo, un passaggio fondamentale per liberare le forze economiche e politiche che quel dibattito devono iniziare.
di Pio Belmonte

domenica 16 giugno 2013

Storie di politici Lucani in vista delle Elezioni Regionali (Novembre 2013)

Gli interessi personali (prima), di partito (poi), dei cittadini (mai)
Roberto Cifarelli, portavoce del Sindaco di Matera, Salvatore Adduce. È stato processato per falso ideologico e truffa ai danni del Comune di Matera. Le contestazioni erano relative a fatti commessi tra il 2003 ed il 2004. Nessuno dei due ha avuto la sensibilità istituzionale di evitare l'imbarazzo di un portavoce del sindaco che era imputato per aver tentato di truffare il Comune per cui prestava la sua opera. Poi, quando Cifarelli è stato assolto per uno dei 7 capi d'imputazione, hanno celebrato pubblicamente la riconquistata verginità. Nella realtà, per gli altri sei capi d'imputazione tra cui falso e truffa, per Roberto Cifarelli è intervenuta la prescrizione.

Codice di Procedura Penale art. 129 comma 2

In tema di prescrizione, quanto al presupposto della evidenza della prova dell'innocenza dell'imputato -ai fini della prevalenza della formula di proscioglimento sulla causa estintiva del reato come affermato in giurisprudenza, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129, comma 2, c.p.p., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell 'imputato ~ano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, al punto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di constatazione, intesa come percezione "ictu oculi", che a quello di apprezzamento, incompatibile quindi con qualsiasi necessità di accertamento o approfondimento

giovedì 17 gennaio 2013

Petizione al Capo dello Stato, On. Giorgio Napolitano, nella sua veste di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura: chiediamo a tutti i magistrati Italiani se sono affiliati alla Massoneria:





sabato 5 gennaio 2013

Votate, Lucani, votate questi cialtroni, se ne avete lo stomaco!

Petrolio, tutto nell'interesse dell'ENI e di...

Dove sono finiti i miliardi risparmiati dall'ENI e sottratti ai Lucani?


Forse Filippo Bubbico, alquanto nervosetto in questi giorni specie dopo che si è acclarato che il Ministro Matteoli lo dichiarava a conoscenza ed addirittura consenziente circa l'ubicazione a Scanzano Jonico del deposito unico nazionale di scorie nucleari, ci dirà che non ne sapeva niente e non avremmo motivo di non credergli, ma il documento ritrovato da questa redazione è clamoroso: dell'accordo di programma che avrebbe regolato i rapporti fra Regione Basilicata e compagnie petrolifere esistono due versioni, quasi identiche. Quasi, appunto! Il 18 Novembre 1998, l'Ufficio stampa della Regione Basilicata diffuse la seguente notizia "sottoscritto a Roma l'accordo sul petrolio tra Eni e Regione Basilicata". Il tono dell'allora Presidente della Giunta, Prof. Angelo Raffaele Di Nardo, fu inequivocabilmente improntato a quello dei momenti storici: "Abbiamo la consapevolezza di aver dato, oggi, il via ad una nuova e concreta stagione di sviluppo per la Basilicata... Ora la parola passa al territorio, alle sue espressioni municipali, alle forze sociali, sindacali e imprenditoriali, perché insieme al Governo regionale sappiano gestire l'accordo e realizzare, con spirito solidale, lo sviluppo diffuso della regione". In generale, sembra che tutto quell'ottimismo non abbia trovato alcun riscontro in questi 14 anni. L'unica che si è ulteriormente diffusa, nella nostra sciagurata regione, è la crisi economica e industriale. Mentre i barili di petrolio che giornalmente escono dalle viscere del territorio lucano lasciano solo fanghi e liquami inquinanti. Non è ancora ben chiaro quanto petrolio si estragga. Incredibile constatare che la prevista commissione di vigilanza sull'estrazione non sia ancora insediata. Sempre tutta da chiarire è la quantità di gas che viene "bruciato in torcia" per evitare il fastidioso processo di purificazione, compressione e pompaggio. Alcune voci incontrollate indicano quantità impressionanti, certo è che le "torce" sono visibili ad occhio nudo e che vi sono pochi combustibili inquinanti come il gas non depurato. Purtroppo la magistratura Lucana è ben altra cosa da quella Tarantina di questi giorni e le tonnellate di inquinanti immessi nell'aria che respirano i lucani, figli dei magistrati inclusi, continuano a levarsi nell'aria un tempo finissima. Ma, torniamo al "Protocollo d'intenti". Non è pensabile esaurirne una disamina seppure sommaria in un semplice articolo. Forse sarebbe il caso di richiedere uno specifico lavoro al consiglio regionale per verificare lo stato di attuazione degli accordi e rendicontare ai cittadini. Chissà, potrebbero consultare i lavori e gli atti che certamente avrà prodotto il "comitato paritetico" ENI- Regione, previsto nell'accordo ufficiale al fine di monitorare, verificare e controllare il corretto adempimento, la corretta interpretazione e lo stato di attuazione dei reciproci obblighi scaturenti dal presente protocollo". Intanto possiamo segnalare una significativa "scoperta" frutto della nostra passione per l'indagine documentale. Esiste un'altra versione del "Verbale d'intesa tra la Regione Basilicata e l'Eni", risale a qualche mese prima del fatidico novembre 1998. È quasi identico a quello "ufficiale". Quasi! Leggiamo a pagina 3 sulla carta intestata del Consiglio Regionale simil-pergamena: "Eni si impegna a realizzare un'azione di promozione imprenditoriale nell'area con l'obiettivo di consentire il recupero dei livelli occupazionali realizzati nell'ambito della prossima attività di cantiere, nonché di realizzare le condizioni per un ulteriore sviluppo manifatturiero e di servizi finalizzato alla creazione di nuova occupazione dell'ordine di 3.000 addetti". La frase (e i tremila) sono del tutto assenti nell'altro documento e, pare, nella realtà del "diffuso sviluppo" odierno. Evidentemente una qualche contrattazione dovrà essere intercorsa fra Eni e Regione, un qualche scambio e una qualche rinuncia saranno intervenuti. Magari unilaterale e capite bene da quale dei due lati. Pochi righi oltre, sempre sulla carta intestata regionale: "Eni, anche per conto del partner Enterprise Oil Italiana, si impegna a: 1b) sostenere direttamente investimenti nel settore industriale, agricolo, turistico e dei servizi, per un ammontare non inferiore a 1.000 miliardi di lire, in tre anni...". Attualizzando, significa entro il 2001. Nel documento "Accordo sul petrolio" non abbiamo più trovato traccia dei 1.000 miliardi. Così come non siamo riusciti a reperire alcun documento ufficiale che facesse riferimento a questa montagna di soldi investiti "nel settore industriale, agricolo, turistico e dei servizi". Forse dobbiamo ricorrere allo spirito napoletano e supplire con la fantasia allo sviluppo diffuso che non c'è ed immaginarci uno sviluppo finanziato con i soldi “fijuti” che possono essere sostituiti da qualche barile di petrolio. Peccato che "il Presidente Di Nardo - che era accompagnato dagli assessori Bubbico, Colangelo, Chiurazzi, De Filippo e Mattia" non sia riuscito ad ottenere quanto sembrava già concordato. Speriamo che sia riuscito ad assicurarsi, almeno, una qualche contropartita utile alla nostra regione oppure ai suoi abitanti (almeno alcuni). E adesso, votate, Lucani, votate questi cialtroni, se ne avete lo stomaco!

di Claudio Galante