lunedì 14 novembre 2011

Scorie nucleari e deposito unico a Scanzano Jonico: Finora ci ha aiutato il Padreterno!

Non siamo Stato noi

Il settimanale "L'indipendente Lucano" del 12 novembre 2011 pubblica il verbale del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano (del 13 novembre 2003) in cui, all'unanimità, si individuava, nel comune di Scanzano Jonico (Mt), il sito nazionale unico per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari. Non occorre commentare, poiché confidiamo che i lucani comprendano ben da soli quanta considerazione godano da gran parte dei governanti nazionali, regionali, provinciali e comunali di ogni colore, orientamento e collocazione politica. Viceversa, appare opportuno acquistare, conservare questo documento pubblicato integralmente nello "speciale" de “L'indipendente Lucano”; badando bene di tenerlo a portata di mano. Si consiglia di rileggerlo tutto ogni volta che si viene chiamati a votare per le rappresentanze elettive comunali, provinciali, regionali e nazionali. Risulterà molto più facile orientarsi e scegliere chi merita attenzione ed eventualmente la preferenza e chi, semplicemente, un calcio in c....

di Nicola Piccenna

lunedì 26 settembre 2011

Carta straccia. Il potere inutile dei giornalisti italiani




“Spero che i tanti vip narrati in Carta straccia mangino un po’ di rabbia per l’irriverenza di un vecchio giornalista che non appartiene a nessun clan. E si diverte ancora a tirare sassi contro i vetri blindati di molte eccellenze.” Sono le Parole di Giampaolo Pansa a Radio 24 dove in compagnia di Oscar Giannino. Interviene per presentare il suo ultimo libro dedicato al mondo dell’informazione in Italia. “Carta straccia non è un pedante trattato sui media. E un libro carogna, un racconto all’arma bianca, sornione e beffardo, pieno di ricordi. Mette in scena una quantità di personaggi, tutti attori di una recita alla quale ho partecipato anch’io: l’informazione stampata e televisiva, di volta in volta commedia o tragedia. Sono un signore che ha trascorso cinquant’anni nei giornali, lavorando in molte testate con incarichi diversi. Che cosa ho capito della mia professione? All’inizio pensavo che avesse la forza di un gigante, in grado di vincere su chiunque. Poi ho cambiato opinione: in realtà, il nostro è un potere inutile, serve a poco, non conta quasi nulla rispetto a quello politico, economico e giudiziario. Il perché lo spiego in “Carta straccia”. Dopo un’occhiata al passato, la mia prima macchina per scrivere e l’apprendistato ferreo imposto da direttori senza pietà, vi compaiono i capi delle grandi testate di oggi. E i misfatti delle loro truppe. La faziosità politica dilagante. Gli errori a raffica. Le interviste ruffiane. Le vendette tra colleghi. Lo schierarsi in due campi contrapposti, divisi da un’ostilità profonda. Il centrodestra, dove si affermano Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri, con le campagne di stampa condotte senza guardare in faccia a nessuno. E il centrosinistra, dominato dalla potenza guerrigliera di Ezio Mauro e dalle ambizioni politiche di Carlo De Benedetti, nemici giurati di Silvio Berlusconi”.

mercoledì 24 agosto 2011

I petro-bond lucani salveranno l'Italia: la questione petrolio che nessuno vuole affrontare

Petrolio Lucano: silenzio si estrae!
In origine, in denaro altro non era che materiale prezioso in se. Una moneta d'oro valeva tanto quanto oro la costituiva e l'oro era interessante per gli uomini in quanto bello, lucido, incorruttibile, immarcescibile. Poi, via via che i tempi passavamo e correvano al galoppo nel secolo trascorso le cose cambiarono. Sino agli anni sessanta, gli Stati Uniti d'America garantivano una corrispondenza diretta tra la cartamoneta ed il prezioso metallo. Il valore del “biglietto verde” non consisteva nel materiale che lo costituiva, bensì in una convertibilità predefinita dollaro/oro. Ad ogni dollaro corrispondeva un “tot” di oro e la Banca degli Stati Uniti d'America era pronta in qualsiasi momento ad effettuare lo scambio. Fino agli anni sessanta, appunto, quando la Francia andò a vedere “il punto”, chiedendo di cambiare in oro enormi quantità di dollari. In pratica si scoprì il bluff: gli Stati Uniti d'America avevano messo in circolazione molta più cartamoneta di quella che avrebbero potuto convertire in oro e la convertibilità oro/dollaro andò a farsi benedire. Da allora, è chiaro a tutti che non esiste più alcuna certezza che ad un pezzo di carta, con su scritta una cifra, in una qualsivoglia divisa, corrisponda qualcosa di tangibile che abbia effettivo valore. Anzi, esiste un (molto) ragionevole dubbio che un giorno quella carta non sarà convertibile nemmeno in un fico sapientemente essiccato. E siamo ai nostri giorni. Orbene, l'Italia deve restituire (prima o poi) il controvalore del debito pubblico che supera i duemila miliardi di euro (quattro milioni di miliardi di lire) e, con i chiari di luna dell'economia mondiale, rischia di non riuscire a restituire nemmeno i soli interessi necessari a procastinare quel debito nel tempo. Un privato sarebbe stato dichiarato fallito da un pezzo, ma per uno Stato è diverso. Così il Governo si sta adoperando per rastrellare fondi: disponendo nuove tasse, riducendo i costi e vendendo dei beni. L'operazione è difficile e appare scontentare troppi. Allora? Ci sarebbe una soluzione sotto gli occhi di tutti ma non vista da nessuno: strano! La Basilicata, piccola regione del Mezzogiorno d'Italia, galleggia sul petrolio. I dati sono ballerini e parlano in epoca recente di un miliardo di barili. Negli anni sessanta, l'ENI stimava 10 o 15 miliardi di barili. Qualcuno al bar e senza aver bevuto arriva a parlare di 200 miliardi di barili, ma si tratta di chiacchiere. Limitiamoci ai 15 miliardi di cui si parlava in una rarissima pubblicazione del 1964. Quanto valgono? È presto detto: circa 1500 miliardi di dollari, ovvero milletrantasette miliardi di euro. Se poi fosse vera la metà delle chiacchiere sui 200 miliardi di barili...! In Italia il sottosuolo appartiene allo Stato che, di conseguenza, avrebbe di suo 1.037 miliardi di petro-euro nelle viscere della Lucania. Attualmente questa ricchezza viene sfruttata da diverse compagnie petrolifere che lasciano in cambio allo Stato il 7% di quanto pompano ed ai lucani gli stream gas (bruciati senza alcun filtro) e tante altre schifezze. Beh! Penso che chiunque sia in grado di continuare da solo il ragionamento. Vendiamoci il petrolio e dimezziamo il debito pubblico dell'Italia in un solo colpo e senza nulla togliere dalle tasche degli italiani. E la Basilicata? Questa piccola regione ha firmato un accordo quadro col Governo D'Alema per ricevere tutto quel 7% di royalties pagate dai perforatori in cambio dell'uso (e abuso) del territorio. In pratica ha già concordato un prezzo. Magari si potrebbe aggiungere una qualche medaglia al valor civile, per aver salvato l'Italia dalla bancarotta, e un regime di fiscalità agevolata per quanti investono nell'agricoltura e nel turismo di questa straordinaria terra. Proposte semplici e facilmente percorribili. A meno che qualcosa ci sfugga, avendo l'abitudine, quando non è chiaro quello che c'è davanti, di guardare a quello che c'è dietro. Infine, tornando alla convertibilità della cartamoneta, si potrebbe pensare di stampare dei petro-bond. Certificati di credito al portatore convertibili in petrolio lucano. Un modo concreto e praticabile di restituire sostanza al denaro e credibilità agli Stati ma, soprattutto, un futuro agli italiani.
di Filippo de Lubac

domenica 17 luglio 2011

Cape Canaveral

“Una festosa rimpatriata”, in questo modo The New York Times ha descritto l’atmosfera a Cape Canaveral, in Florida, la scorsa settimana in occasione del lancio dello shuttle Atlantis, che ha chiuso la serie dei lanci di shuttle nello spazio. Nell’articolo in prima pagina del 9 luglio, John Noble-Wilford ha scritto che da anni non si vedeva una simile folla, composta per lo più da uomini e donne con i capelli grigi, che avevano portato i nipoti a vedere ciò che loro avevano trovato così emozionante cinquant’anni addietro. Il lancio io l’ho visto in televisione, insieme ad altri con i capelli grigi, con o senza nipoti, ricordandoci di un’epoca senza cellulari, Ipad, Facebook o Twitter. Alcuni di noi erano stati direttamente coinvolti nei programmi spaziali, altri solo emotivamente, ma tutti abbiamo pensato di assistere a un evento di enorme significato storico, paragonabile allo sbarco di Colombo nel Nuovo Continente. Comunque tutti, senza distinzioni di colore politico, ci ricordavamo che tutto era iniziato con il richiamo alla nazione del presidente John F. Kennedy, in un discorso tenuto il 25 maggio del 1961 di fronte a un Congresso a camere riunite. Facciamo queste cose non perché sono facili, disse, “ma perché sono difficili.” E questo ci piacque. Era lo spirito dei tempi. Non avevamo idea di come sarebbe stato messo sotto attacco nel decennio che è appena iniziato. L’invito di Kennedy a vincere la gara spaziale intrapresa con i russi ci rimase nel cuore, come l’eco di una innocenza originale che ci aveva spinto attraverso tutte le sfide affrontate. A questo spirito kennediano si è richiamato il candidato Barack Obama quando è stato accusato dall’altra candidata alle presidenziali, Hillary Clinton, di essere troppo idealista. “La speranza è questo, immaginare e poi combattere per quanto immaginato, e poi lavorare per quanto prima non sembrava possibile. Questa è la leadership” disse, citando come esempio l’appello di Kennedy a mandare un uomo sulla Luna. Da allora, Obama ha dovuto correggere la sua posizione. Infatti, in un articolo su USA Today, gli astronauti Neil Armstrong (il primo uomo a sbarcare sulla Luna), Jim Lovell e Gene Cernan, tutti comandanti di missioni lunari, hanno lodato il coraggio di Kennedy, confrontandolo sfavorevolmente con il nuovo “realismo” di Obama presidente. La Nasa ha cancellato il suo programma di ripresa dell’esplorazione dello spazio con astronauti, a partire dalla Luna per poi andare su Marte. Tutte le proposte di budget di Obama hanno eliminato il finanziamento di una nuova missione lunare con personale umano. Il problema è ovviamente la mancanza di soldi, ma Obama ha detto che comunque “ci siamo stati”. E pazienza per Kennedy e la sua idea dell’uomo che ha bisogno di esplorare l’universo fin dove l’intelligenza lo permetta. Su questo argomento io sono del tutto parziale, ma mi sembra che sotto attacco oggi sia la capacità di stupirsi, e questo sarebbe un vero disastro.

di Lorenzo Albacete (www.ilsussidiario.net)

sabato 19 febbraio 2011

PROCESSO IMMEDIATO ovvero Noi Cittadini di serie B



Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla Legge, lo stabilisce e garantisce la nostra Costituzione. Ma la Legge non è uguale per tutti. Infatti, coloro che la Legge devono solo applicarla, a volte, dimenticano di esserne soggetti e finiscono per interpretarla a loro piacimento rivendicando una presunta insindacabilità dell'operato che li pone al di sopra della Legge, della Costituzione e, quindi, dello Stato. Veniamo agli esempi concreti. Silvio Berlusconi è stato indagato per gravi reati, tanto gravi da richiedere misure invasive della libertà personale quali: intercettazioni, perquisizioni e sequestri. Tempo un mese e i solerti magistrati hanno chiesto ed ottenuto il processo immediato fissato per i primi di aprile. Quattro anni fa, quattro giornalisti, un editore ed un capitano dei Carabinieri furono oggetto di perquisizioni e sequestro di documenti e computer sia presso le loro abitazioni che nelle redazioni delle testate giornalistiche. Nemmeno la Caserma dei Carabinieri venne risparmiata dalla Polizia Giudiziaria agli ordini del PM, tanto erano gravi le ipotesi di reato perseguite. Mesi di intercettazioni telefoniche delle utenze dei giornalisti e del carabiniere. Anche le conversazioni di servizio e quelle in cui l'ufficiale riceveva disposizioni sulle indagini da compiere a carico degli stessi magistrati che decidevano e ascoltavano proprio quelle telefonate. L'ultima proroga delle indagini preliminari è scaduta il 31 gennaio 2009, due anni fa. Ma del processo, ovvero dell'atto di chiusura delle indagini, nemmeno l'ombra. In questi casi la Legge prevede che il Procuratore Generale disponga l'avocazione, ma il magistrato ha rigettato le richieste in tal senso e gli organismi di vigilanza e controllo (CSM, Ministero, Procura della Cassazione, Presidente della Repubblica), formalmente interessati, tacciono. È troppo chiedere lo stesso trattamento (celere) e la stessa attenzione (quotidiana) riservato a Presidente del Consiglio? Personaggi ed interpreti: Annunziata Cazzetta (PM - Mt); Massimo Lucianetti (Proc. Gen. - Pz); Pasquale Zacheo - Capitano CC; Carlo Vulpio, Gianloreto Carbone, Nino Grilli, Nicola Piccenna - giornalisti; Emanuele Grilli – editore (indagati). (tratto da "Buongiorno" pubblicazione settimanale della testata "Giornale della Sera" del 19 Feb 2011)


La casta è un sistema di stratificazione gerarchica della società. Le caste influiscono anche sulla suddivisione del lavoro, diversificando quindi lo stato sociale di ogni cultura. Il sistema della caste trovò una giustificazione religiosa nel primo dei testi sacri dell’induismo, il Rig Veda, e fu poi riaffermata nella Bhagavad-Gita, che indica come via per accedere a una condizione migliore nella successiva incarnazione, se si obbedisce alle regole della propria casta. Inizialmente le caste erano quattro: kshatriya (il re e i guerrieri), brahmani (sacerdoti), vaishya (agricoltori e mercanti) e shudra (servi); ma con l’emergere di nuove attività e gruppi sociali il sistema subì un’evoluzione e si sviluppò una serie di sottocaste o jati. Ogni casta ha il proprio dharma, ossia una serie di doveri da compiere. Si tratta perlopiù di preghiere, di servizio nei confronti della comunità, di dominio delle proprie passioni. Secondo le dottrine induiste, la casta nella quale un individuo nasce è il risultato delle sue azioni in una vita precedente. In questa visione le ineguaglianze fra gli uomini sono quindi motivate da azioni passate, ed hanno del resto un valore provvisorio, valgono cioè fino alla morte dell'individuo e alla sua successiva reincarnazione. Al di fuori delle dette classi vi sono i Paria, essi sono i fuori casta, cioè gli infimi tra gli infimi. Adesso è tutto più chiaro. Hanno ragione i Napolitano, i Violante & C., ad invitarci alla moderazione, ai toni morbidi. Noi che siamo Paria per qualcosa che abbiamo fatto in una vita precedente (e quindi ce lo siamo meritato) dobbiamo solo compiere i doveri del nostro dharma, aspettare la morte e nella prossima vita... saranno c... loro! Ma un piccolo anticipo già in questa (vita), magari, ci starebbe tutto. (tratto da "Buongiorno" pubblicazione settimanale della testata "Giornale della Sera" del 19 Feb 2011)

giovedì 3 febbraio 2011

Messico e nuvole

Il Messico non c'entra, le nuvole sì. O, forse, è il contrario. Il fatto è che c'è una gran confusione in giro ed ogni volta, prima di avviare una qualsiasi discussione o formulare un intervento occorre stabilire una base di vocaboli cui si conferisce un significato comune e condiviso. Figurarsi se si affrontano questioni, come dire, intrinsecamente impegnative quali la verità, la lealtà, la libertà. E giù con gli esempi, le domande ed i dogmi. Non certo quelli di fede che sono così chiari e precisi da non ammettere equivoci, se non quelli voluti o creati ad arte. Il 14 ottobre 2005, questa testata pubblicò un numero completamente bianco, una bianca lapide muta alla scomparsa della libertà di stampa. Allora vi erano state pressioni e tentativi di mettere a tacere questa voce. Prove tecniche di censura giudiziaria che, per la verità, sono continuate, si sono intensificate e precisate in modalità e toni che mai avremmo immaginato e che, ad onor del vero, nemmeno i Codici avevano (ed hanno) previsto. Ma siamo ancora qui e la cosa è di per sé positiva, nonostante il prezzo pagato e quello che siamo chiamati a pagare ancora. Libertà: quella cosa che se la eserciti devi necessariamente pagarne il prezzo. Siamo tanto lontani dall'idea del sacrificio, dalla possibilità (necessità) di rinunciare a qualcosa per restare liberi da arrivare all'auto censura. “La libertà, Sancho, è uno dei doni più preziosi che i cieli abbiano concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono eguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita” (Don Quijote de la Mancha - Miguel de Cervantes). Messico o nuvole, poco importa. Per la libertà, come per l'onore, si può avventurare la vita. (da "Buongiorno" di Filippo de Lubac)

La vita che non c’è del ragionier ‘Spino’

È da 30 anni che il ragionier Giuseppe Spinelli contabilizza vite non sue, parla con femmine che non conosce, gestisce ville dove non è mai stato, riceve dozzine di messaggini da bimbe che non gli chiedono mai “Ragioniere come sta?”, ma solo “Quando, quanto?” e al massimo gli concedono la piccola delizia di certi diminutivi, tipo Spin, Spino, Spinaus. Due volte al mese entra nella filiale del Monte dei Paschi di Milano 2 e ne esce con “il cappotto foderato di denaro” (Ruby dixit) da 500 a 800 mila euro in contanti. Che non sono mai per lui, ma per il Dottore, cioè il Presidente, cioè il titolare della sua puntigliosa aritmetica. Di lui non esistono foto, né (quasi) interviste. Si sa che sta per compiere 70 anni, è nato a Settala, vive a Bresso. Ha avuto inconvenienti con la giustizia per abusi edilizi, mai compiuti da lui, né per suoi vantaggi. Ne è uscito con batterie di avvocati non suoi. Perché anche i guai e la soluzione dei guai sono sempre il riverbero di chi gli paga i gesti, i sogni e il destino. Ha una moglie, che in questi giorni concitati ha morso un paio di cronisti ficcanaso: “Andate via, mio marito non c’è”. Suo marito (invece) c’è sempre. È la sua vita che da 30 non c’è più. (Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2011)

giovedì 27 gennaio 2011

Cuffaro, una lezione di civismo (e di dignità)

Salvatore Cuffaro, beffardamente ribattezzato Totò Vasa-Vasa, ci ha dato una lezione. E che lezione! Era dai tempi del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, dimessosi appena venne attinto da un procedimento penale per sospetta corruzione (da cui poi fu prosciolto), che non si assisteva ad una lezione di rispetto istituzionale e costituzionale di questa portata. Anzi, forse, la lezione che arriva da Cuffaro è anche più importante. In un clima politico in cui il capo del Governo minaccia i PM che indagano su di lui. In un momento storico in cui il conflitto di competenza invece che rimandato alla (legittima ed unica) competenza del tribunale, viene risolto dall’imputato e dai suoi avvocati con decisione inappellabile quanto incostituzionale. Quando il quadro istituzionale vede al vertice del Governo un uomo indagato per sfruttamento della prostituzione minorile. È davvero una sorpresa che un uomo potente, già Presidente della Regione Sicilia e Senatore della Repubblica Italiana, affermi che accetta la condanna e si consegna alla detenzione carceraria in ossequio alle istituzioni che ha servito. Una sorpresa ed un insegnamento, certamente da una persona che non ha da trarne vantaggio e che avrebbe ben potuto buttarla in teorie complottiste. Invece eccolo lì, con un filo di voce e qualche incertezza come se sapesse di pronunciare parole storiche, che si presenta ai carabinieri per essere arrestato e portato in carcere. La notizia vera è questa. Il resto, le accuse (e la condanna) per aver favorito alcuni mafiosi, improvvisamente, passano in secondo piano. Prevale l’uomo, l’insegnamento utile ai propri figli ma anche a tanti figli di... che albergano nei palazzi della politica. (tratto dal settimanale "Buongiorno" del 29 gennaio 2011)

sabato 22 gennaio 2011

SILVIO, AD-DIO!

SILVIO, ADDIO!

(tratto dal settimanale "Buongiorno" in edicola a Matera Sabato 22 Gennaio 2011)


Finisce una storia, è inutile e persino patetico tentare di non leggere il dato. Assistiamo alla fine della storia di un uomo segnato dagli anni e da qualche disturbo patologico della personalità che non può togliergli il posto di rilievo nella storia d'Italia che si è meritato per quanto ha fatto. La corte dei fedelissimi ripete frasi senza senso compiuto o, comunque, del tutto avulse dalla realtà. É come tentare di fermare un treno soffiando contro la locomotiva. Risparmiategli almeno le ultime, umilianti, esternazioni. Voi che non gli avete risparmiato la discesa sino agli infimi anelli della considerazione di sé. Voi che dite di essergli amici ma niente fate per alleggerire il peso della solitudine che traspare dallo sguardo stanco di quest'uomo. Un dato, almeno uno, possiamo cogliere e persino apprezzare di Silvio Berlusconi: il desiderio di felicità. Anche le nefandezze più basse, chissà quanti e quante simili nelle nostre vite così “normali”, altro non sono che domanda, richiesta, desiderio. Bisognava dirgli, spiegargli, quale è la direzione cui indirizzare questa ricerca. Occorreva testimoniargli Chi risponde davvero a questo desiderio, invece che strappargli un pezzo, piccolo o grande, di potere. Ci voleva qualcuno che gli volesse davvero bene. Cosa ve ne fate, adesso, di quel potere? Cosa ne avete fatto dei talenti che avevate in dote? Come se il destino buono non fosse di tutti e per tutti, come se alcuni fossero semplice strumento amorfo e non avessero un destino di felicità per sé stessi e il loro destino non ci stesse a cuore come quello di noi stessi. Come se una scelta a priori li sottraesse alla libertà di scegliere. C'è una possibilità, c'è sempre la possibilità di guardare e di chiedere e di ottenere molto di più di quanto si è meritato e, persino, di quanto si spera. Silvio ad-Dio! (di Bianca Novelli)

giovedì 6 gennaio 2011

Tardes de mantillas y claveles

(tratto dal settimanale "Buongiorno" in edicola a Matera da Sabato 8 Gennaio 2011)

In redazione giungono decine di segnalazioni, esposti, intenzioni (ed a volte finanche) querele e, negli incontri seguiti alla pubblicazione del primo numero di questo settimanale, frequente arriva l'incitamento alla carica a testa bassa contro questo o quel maggiorente o (presunto) potente di turno. La sensazione che si prova, vi assicuro, è di mesto sconforto. Deve essere pressappoco quella del toro quando gli sventolano davanti la mantillas e si arrende al destino iniziando l'ultima carica dell'ultimo pomeriggio della sua vita. E forse un giorno ci arrenderemo e partiremo anche noi, incuranti delle banderillas, per l'ultima carica. Ma oggi no! Abbiamo ancora fiducia e sufficiente conforto negli amici e nella fede. Forse non siamo stati chiari, forse i più non vogliono capire, forse occorre dirlo e ripeterlo ancora: “questo è un giornale, non un tribunale o una questura”. Da noi si deve chiedere (pretendere) informazione, non giustizia. Noi possiamo (dobbiamo) criticare non emettere sentenze. Noi siamo abilitati ad indagare, non a processare. La giustizia, le sentenze, i processi, quelli li dovete pretendere dalle Procure, dai Giudici, dai Tribunali. Il giornale può esporre le vostre ragioni e non la vostra difesa, questa va concordata e pretesa dal vostro avvocato. Noi siamo solo giornalisti, non fateci compiere passi su terreni non nostri, non mandateci allo sbaraglio. Là dove saremmo trafitti dallo stiletto del matador professionista, fra gli applausi della folla che, ne siamo certi, vi vedrà spettatori (paganti ) e magari, infine, plaudenti anche se solo per pavidità. Pochi (ma buoni) fra coloro che ci testimoniano stima e condivisione hanno sottoscritto l'abbonamento o inviato concreto sostegno al giornale. Occorre prenderne atto ed attrezzarsi per resistere in un'impresa difficile ma irrinunciabile. Del resto sapevamo in partenza che non partivamo per una gita nei boschi. Non è ancora spuntata l'alba dell'ultima “tarde”, mantillas e claveles non fanno parte della nostra cultura. Noi preferiamo lancia e cavallo ed attendiamo che ci processino per questi, giacché le indagini sono terminate da 2 anni. (Il Direttore)


Celestina Gravina, Procuratore Capo a Matera

Irripetibili epiteti, giungono in redazione, con lettere rigorosamente anonime, all'indirizzo del nuovo Procuratore Capo presso il Tribunale di Matera: D.ssa Celestina Gravina. Non meritano (né potrebbero) avere alcuno spazio. Occorre, tuttavia, imporre un metodo di lavoro che introduca al corretto metro di giudizio. Lamentano, molti, che il nuovo procuratore abbia partecipato alla presentazione di un libro dell'On. Giuseppe Ayala circondata da relatori di un preciso schieramento politico (Pd) e rilanciano con l'imminente (prevista) presenza dell'alto magistrato fra i relatori, alla presentazione di un altro libro, con l'avv. Emilio Nicola Buccico. Le lagnanze sono costruite su presupposti di dietrologia complottista che affliggono la società materana in misura ancora maggiore, se possibile, di quanto non accada abitualmente nella penisola italica. Solo perché siederanno allo stesso tavolo per qualche ora, si sancirebbe un sodalizio che ripercorre la trista frequentazione fra Buccico ed il predecessore della D.ssa Gravina, il Dr. Giuseppe Chieco (ancora oggi alle attenzioni dei magistrati di Catanzaro, pendente l'opposizione all'archiviazione nel procedimento che vede i due indagati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari). Le persone si giudicano dai fatti e dagli atti che pongono in essere: mai nel computer personale della D.ssa Gravina troveremo il file originale di una denuncia querela dell'avv. Buccico (come accadde per il Dr. Chieco). Mai vedremo nei corridoi del Palazzo di Giustizia, l'avv. Buccico appoggiare la mano sulla spalla della D.ssa Gravina come suole fare (negli ultimi tempi più raramente) con alcuni magistrati. Mai accadrà che Buccico, un suo assistito e la D.ssa Gravina andranno dal GIP per discutere un dissequestro (come accadde con Chieco dal Gip Angelo Onorati). Mai Buccico potrà promettere alla D.ssa Gravina la nomina a consulente dell'antimafia in cambio di una mancata iscrizione nel registro degli indagati di un suo allievo (come accadde con la D.ssa Felicia Genovese a “protezione” dell'avv. Labriola). Sono solo alcuni dei fatti incredibili, gravissimi, esecrabili che hanno mostrato comportamenti disinvolti e censurabili tanto da meritare l'adozione di procedimenti disciplinari e l'avvio di indagini penali. Lasciamo lavorare in pace la D.ssa Celestina Gravina, ha la responsabilità di una Procura difficile ma anche la tempra e l'esperienza per fare bene. (di Nicola Piccenna)