sabato 21 febbraio 2015

Inchiesta a puntate: morte in cardiochirurgia al San Carlo di Potenza

Sono liberi i Lucani:
di tacere o di parlare a comando

Sono pochi, i Lucani: mezzo milione.
Sono poveri, i Lucani: mediamente s'intende!
Sono schiavi i Lucani: un ceto politico che non vede oltre il proprio ombelico (o, in alcuni casi, subito sotto).
Sono rassegnati, i Lucani: al massimo alti proclami su FB, quelli in campo sono pochi e soli.
Sono liberi i Lucani: di tacere o di parlare a comando.

Parlare dei massimi sistemi non serve. Siamo tutti un po' troppo presi dall'immanente, dall'immediato, persino dal necessario e non abbiamo tempo per l'indispensabile. Succede così che le notizie, la cosiddetta “informazione” ci scivola addosso senza possibilità di appiglio, di vera conoscenza e comprensione. Qualche parola, a volte una intera frase colta da un titolo di giornale o da qualche sprazzo televisivo ed il resto è la fantasia preda dei luoghi comuni.
Rilanciata dal settimanale Controsenso l'inchiesta giornalistica di Filippo de Lubac sulla tragica morte di una donna nel reparto di cardiochirurgia del nosocomio potentino.

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sabato 14 febbraio 2015

Quella libertà di stampa che non interessa (quasi) a nessuno

Quella libertà di stampa che non interessa (quasi) a nessuno

52 mesi or sono (ottobre 2010) il polso delle persone scese in difesa della libertà di stampa in Italia, segnava solo quindici interventi in difesa di un giornalista ingiustamente condannato per aver pubblicato notizie vere, di pubblico interesse e con linguaggio continente. Sul blog www.toghelucane.blogspot.com, questa la notizia pubblicata:

http://toghelucane.blogspot.it/2010/10/15-uomini-sulla-cassa-del-morto.html

sabato 23 ottobre 2010
Libertà di stampa: 15 uomini sulla cassa del morto
Al momento (ore 20:10 del 22/10/2010) sono diciannove i commenti al pensiero di Carlo Vulpio (http://www.carlovulpio.it/) sulla vicenda che vede coinvolto Giacomo Amadori (giornalista di Panorama) e Fabio Diani (appuntato della GdF in servizio a Pavia). Una vicenda emblematica di un'Italia che, quanto a democrazia, ha toccato un livello così infimo da dubitare che si possa mai risalire. Un giornalista pubblica notizie vere, di pubblico interesse, con un linguaggio consono e per questo viene indagato. Gli organi di stampa e televisione, l'ordine dei giornalisti, le penne illustri ed soloni di ogni occasione tacciono o, al limite, biascicano qualcosa. Poi ci sono i faziosi di ogni colore che, quando si accorgono di appartenere allo schieramento avverso (oggi a Panorama, ieri a Repubblica), danno addosso al malcapitato. La libertà di stampa è sacra quando incassi due milioni di euro all'anno o cinquantamila a puntata o tremila al mese, un delitto quando ad esercitarla è un malcapitato ostile a chi ti paga, poco o tanto che sia.

Capita così che i commenti al pensiero di Carlo Vulpio, irriducibile sostenitore del “liberi tutti”, siano solo 19. Nel mondo della rete, nell'era della globalizzazione, solo in 15 (alcuni sono intervenuti più volte) hanno voluto esprimersi sul tema delicatissimo della libertà di stampa che è poi il tema della libertà tout court. 15 uomini sulla cassa del morto. Filippo de Lubac



Qualche giorno fa, da questo blog, abbiamo lanciato una petizione per la difesa della libertà di stampa a cui hanno aderito in 35:

giovedì 5 febbraio 2015

Difendi la libertà di stampa: firma anche tu la petizione alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo
Un terribile attacco alla libertà di stampa è in corso in Italia. Da 10 anni, un giornalista è implicato in centinaia di procedimenti penali. Egli ha una sola colpa: lui ha scritto la verità. Inchieste giornalistiche che non piacciono ad un signore arrogante che crede di poter impedire la libera informazione. Firma per chiedere l'intervento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Un terrible attaque sur la liberté de la presse est en cours en Italie. Depuis 10 ans, un journaliste est impliqué dans des centaines de cas criminels. Il n'a qu'un défaut: ils ont écrit la vérité. Les enquêtes menées par des journalistes qui ne aiment pas un gentleman arrogant qui croit qu'il peut empêcher l'information gratuite. Signature de demander l'intervention de la Cour européenne des droits de l'homme.

A terrible attack on freedom of the press is in progress in Italy. For 10 years, a journalist is involved in hundreds of criminal cases. He has only one fault: he wrote the truth. Investigations by journalists who do not like a gentleman arrogant who believes he can prevent the free information. Signature to request the intervention of the European Court of Human Rights.

Un terrible atentado contra la libertad de prensa está en curso en Italia. Durante 10 años, periodista está involucrado en cientos de casos penales. Él tiene un solo defecto: escribió la verdad. Las investigaciones de los periodistas que no les gusta un caballero arrogante que cree que puede evitar que la información libre. Firma para solicitar la intervención de la Corte Europea de Derechos Humanos.

Ein schrecklicher Angriff auf die Pressefreiheit ist in Arbeit in Italien. Seit 10 Jahren wird ein Journalist in Hunderten von Kriminalfällen beteiligt. Er hat nur einen Fehler: er die Wahrheit geschrieben. Untersuchungen von Journalisten, die nicht wie ein Gentleman arrogant, der glaubt, er kann die kostenlose Informationen zu verhindern. Signatur, um die Intervention des Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte zu verlangen.

Firma la petizione: Je Suis M. Nicola Piccenna

Oggi leggiamo sui giornali che l'Italia ha perso 24 posizioni nella classifica mondiale che misura la libertà di stampa in un Paese.

Nel rapporto di Reporter senza frontiere l’Italia al 73esimo posto a causa di «attacchi mafiosi» e «querele ingiustificate per diffamazione»:
http://www.corriere.it/cronache/15_febbraio_12/liberta-stampa-mondo-italia-perde-24-posizioni-73esimo-posto-eab023c0-b2c4-11e4-9344-3454b8ac44ea.shtml

Non ce n'eravamo accorti!

A noi sembrava che raddoppiare il numero di coloro che scendono in campo per difendere un diritto fondamentale per la democrazia e la civiltà sociale, in soli quattro anni, fosse una grande balzo in avanti!

domenica 1 febbraio 2015

La libertà di stampa ti riguarda. Difendila in prima persona, firma la petizione!


La libertà, anche quella della stampa, è un diritto di tutti che ciascuno ha il dovere di difendere e promuovere

Chiediamo alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo di fare luce sulla più vasta, documentata e prolungata persecuzione giudiziaria Italiana attuata da un querelante seriale e supportata da certa magistratura negligente e neghittosa.

Prima di firmare, puoi consultare gli atti giudiziari pubblicati su www.piccenna.it e www.toghelucane.blogspot.com



Sembrano mulini a vento ma sono nemici della libertà

http://firmiamo.it/je-suis-m--nicola-piccenna--journaliste-d-investigation#petition

domenica 25 gennaio 2015

(Il giornalista Nicola Piccenna) Passerà la vita a difendersi: purtroppo per loro!

Cari amici, nemici e lettori occasionali,
la frase più terribile ed al tempo stesso più esplicativa dello stato della giustizia in Italia è quella pronunciata da Giuseppe Chiaravalloti, magistrato e politico e vice presidente dell'autorità Garante della Privacy e avvocato generale della Procura Generale di Catanzaro e Procuratore Generale a Catanzaro e Procuratore Generale a Reggio Calabria e.. tanto altro.
Parlava del magistrato Luigi de Magistris e spiegava la strategia per renderlo inoffensivo o, meglio, per fargli pagare l'aver disturbato tanti personaggi importanti.
Il disturbo era consistito nell'aver svolto indagini giudiziarie (l'azione penale in Italia è obbligatoria per dettato costituzionale!).
Chiaravalloti dice chiaro chiaro che esiste un metodo (sperimentato) per impedire ad un cittadino italiano di esercitare i diritti costituzionali ed i doveri etici e morali propri di una coscienza civile adulta: scaricargli addosso una grande quantità di procedimenti giudiziari cosicché il malcapitato sia costretto a difendersi, cioè a dedicare grande parte del proprio tempo (della propria vita) ad attività inderogabili che gli impediscono di fare altro.
Per molti versi, è una condanna peggiore di qualunque altra perché, senza nemmeno arrivare al primo grado, stabilisce la certezza della pena e la pone in essere senza possibilità di sconti o rimodulazioni.
La pena consiste nel dover preparare decine di processi, partecipare a centinaia di udienze, leggere migliaia (decine di migliaia) di cartelle per poi ottenere una qualche assoluzione, prescrizione, archiviazione che arriverà troppo tardi per perseguire le calunnie dei querelanti.
Quando a denunciare è un magistrato, un politico di un certo peso, un membro del CSM, il procedimento penale cammina spedito, le intercettazioni telefoniche sono intensive e durano a lungo, la richiesta di rinvio a giudizio è pressoché scontata.
Quando il denunciato è un magistrato, un politico di un certo peso, un membro del CSM, il procedimento non cammina affatto, nessuna indagine, nessuna intercettazione, la richiesta di archiviazione è certa a meno che non vi siano evidenze tali da richiedere quel congruo ritardo necessario a far maturare la prescrizione.
Per i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati, poi, il meccanismo è ancora più semplice. Si procede cercando di evitarli del tutto, basta che la Procura che procede penalmente nei confronti di un magistrato si dimentichi di comunicarlo alla Procura Generale presso la Suprema Corte di Cassazione: occhio non vede, cuore non duole. Quando, invece, la comunicazione arriva, magari perché è un cittadino a segnalare la cosa, allora si attua la strategia "b" che consiste nel lasciar trascorrere un anno senza avviare il relativo procedimento disciplinare. Tanto dura il termine di prescrizione per le mancanze disciplinari! Un anno e il magistrato è salvo.
Un corollario degno di nota è quello che riguarda l'accesso ai procedimenti penali e disciplinari. L'autorizzazione per l'accesso agli atti, anche per il richiedente che è parte di quei procedimenti, la deve rilasciare un magistrato, a volte lo stesso che per quei procedimenti è indagato o soggetto al procedimento disciplinare. Negare comporta un attimo, opporsi ed ottenere gli atti è fatto di mesi ed anni.
Non è stata udita la voce di Giorgio NapolitanoPresidente della Repubblica che tutti questi fatti ha vissuto nei panni del supremo vertice istituzionale politico e giurisdizionale, nemmeno quando formalmente richiamato alle responsabilità cui non poteva sottrarsi.
Non è stata udita voce alcuna, tra i tanti illustri giuristi, professori, politici e dall'Associazione Nazionale Magistrati che abbia spiegato quale fondamento giuridico, logico e ordinamentale consente ad un magistrato di sequestrare il materiale che gli è stato appena sequestrato nel corso di una perquisizione (essendo egli indagato per gravissime ipotesi di reato in associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e molto altro).
Fin qui, ragionamenti che tutti conoscono, molti condividono, alcuni sostengono e, come accade nell'Italia di cultura bizantina, altri contraddicono dialettizzando all'infinito di Leggi, Diritto e Sofismi.
Tornando alla "tecnica Chiaravalloti", questa appare ancora più opportuna e ficcante quando la persona da rendere inoffensiva è un giornalista. Perché, queste distorsioni del sistema democratico, possono continuare a funzionare solo se restano sconosciute o, meglio ancora, circoscritte alle discussioni infinite dei bar o dei corridoi dei tribunali.
Il guaio peggiore che è capitato a Chiaravalloti è consistito nella pubblica conoscenza di quel suo modo di pensare (e di agire?) come pure della bassezza umana delle sue considerazioni personali sulla vita privata di un suo collega magistrato.
La conoscenza, l'informazione cui i cittadini hanno diritto e che i giornalisti hanno il dovere di promulgare, è l'unico antidoto ai malanni che possono aggredire l'organismo democratico della società civile.
Per questo motivo, un modesto pubblicista di un piccolissimo giornale di provincia diventa (forse) il più querelato e processato giornalista della storia d'Italia: fortunatamente!
Sì, fortunatamente!
Poiché, quel giornalista, ha raccolto la più organica e completa documentazione sul funzionamento della macchina giudiziaria Italiana che, si dimostra con gli atti, non ha necessità di Leggi o modifiche costituzionali almeno fino a quando sarà consentito dal Presidente della Repubblica all'ultimo Pubblico Ministero di violare la Legge impunemente, confondendo il dettato costituzionale secondo cui il magistrato "è soggetto solo alla Legge" con una quasi simile ma radicalmente diversa statuizione per la quale il magistrato "è il solo soggetto della Legge", cioè modella la Legge a suo uso e consumo.
Questa documentazione, consacra alla storia i nomi dei responsabili di un sistema giunto ad un altissimo livello di degrado, senza con ciò avere la pretesa e forse nemmeno la speranza che tanto serva a migliorare o ripristinare almeno una parvenza di autorevolezza dell'istituzione.
Ci accontentiamo della "Damnatio Memoriae" che, trascorso ancora qualche anno, lascerà una testimonianza perenne dei tempi difficili e bellissimi cui abbiamo assistito non da spettatori passivi.