mercoledì 11 agosto 2010

Dopo 150 anni dall'unità d'Italia si può parlare chiaro: è arrivato il momento di fare gli italiani

Leggo che il signor Galli Della Loggia c'invita a celebrare la nascita di Camillo Benso conte di Cavour. Dovremmo festeggiare la lieta ricorrenza di colui che “se non l'unico certamente è il massimo artefice dell'unità d'Italia”, sempre secondo il signor Galli. Per la seconda parte, quella di artefice, concordo pienamente. Per la prima, quella dei festeggiamenti, dissento. Il signor Cavour andrebbe processato come criminale di guerra al pari di un Karadzic qualsiasi. Non basta, infatti, l'idea della “Grande Serbia” per ignorare le migliaia di morti innocenti e spesso inermi che i vari boia della ex Jugoslavia hanno sulla coscienza. Non basta l'ideale dell'Italia unita per giustificare i milioni di cittadini siciliani, calabresi, lucani, campani, pugliesi passati per le armi secondo gli ordini del signor Cavour & C.

Poi, spero, non mi direte che il paragone non tiene solo perché il progetto della “Grande Serbia” è fallito mentre quello dell'Italia è riuscito. La storia, si dice, la scrivono i vincitori ma in Italia i vincitori sono gli italiani e gli sconfitti sempre gli italiani. Quindi abbiamo il diritto di scrivere la storia e, come nel caso di specie, riscriverla per la terza volta giacché la prima stesura l'hanno fatta i piemontesi e la seconda i cosiddetti padani. Capitanati i primi ed i secondi da famiglie regnanti che considerano il potere di governo un diritto ereditario per successione diretta e la cultura un inutile orpello.

Tanto premesso, a scanso di ogni sospetto revanscismo filo-borbonico, aggiungo che non sarebbe certo stato indolore sottrarsi al giogo di Francischiello e sodali e che poco valgono le classifiche dei padroni più o meno severi quando è in ballo l'identità e la libertà di un popolo schiavo. Tale era quello del Regno dei Borboni.

Come somigliano a quelli i nostri tempi, eccezion fatta per la crudezza e la dimensione delle stragi. Alla ragion di Stato (italiano) si sacrificano cittadini inermi e verità storica in un connubio di fini e mezzi per raggiungerli che nulla ha da invidiare al Camillo piemontese.

Come allora le privatizzazioni sono servite a drenare ricchezza dai cittadini e/o dallo Stato, che poi è la medesima cosa. Come allora alcuni politici di governo e d'opposizione non sembrano brillare in quanto a moralità, concentrati come sono a riempire personalissime tasche, Oggi come allora, si levano alte grida di scandalo da parte di tanti che dovrebbero vergognarsi di uscire di casa alla mattina.

Come allora, ci si chiede se non sia il caso, fatta l'Italia, di fare gli italiani. E non certo partendo da una purezza originaria che, ahimè, non esiste. Né dalla destra o dalla sinistra o dal centro, meno ancora dalle libere combinazioni di queste sigle ormai svuotate di ideali e coerenza.

Partiamo dall'Italia: chi è per lo Stato e chi è contro. Chi ritiene voler vivere come un unico popolo e chi preferisce localizzarsi sino al ballatoio di casa. Chi per il Tricolore darebbe la vita e chi preferisce altre bandiere.

Ai primi occorre chiedere il rigore, l’abnegazione, il sacrificio e la serietà necessari per compiere un’impresa difficilissima e pericolosa ai secondi di vivere come se gli altri non non esistessero, probabilmente già lo fanno.

La prima ed unica (per ora) conseguenza sul piano operativo è prepararsi a concorrere alle imminenti elezioni anticipate. Il neonato movimento-web Nuova Frontiera 2010, che non parteciperà direttamente alle elezioni ma si propone di alimentarne la corretta e costruttiva riuscita, avanza quale prima discriminante per l’alternativa reale che nessuno dei candidati ai seggi parlamentari abbia precedentemente espletato un mandato elettorale alla camera ovvero al senato. Con questo non si intende esprime alcun giudizio negativo sui “già” parlamentari, bensì si propone una svolta concreta verso candidature di rinnovamento totale. Partiamo da questo punto fermo. Si accettano disponibilità, commenti e proposte. (di Nicola Piccenna)