Quali iniziative assumerà Bubbico per
informare i lucani e garantirne la sicurezza?
Un articolo, pubblicato sul settimanale
“Il Resto” in data 9 giugno 2007, raccontava per filo e per segno
quali sono i rischi che le barre di combustibile e i resti del
riprocessamento del combustibile nucleare esausto, conservate presso il
Centro Enea Trisaia a Rotondella, comportano per i Lucani e l'ambiente di un'area vastissima che comprende buona parte del Meridione d'Italia. Raccontava, anche, quali
conseguenze avrebbero patito gli abitanti nel raggio di 400
chilometri in caso di incidente nucleare. Da quella data, nulla è
cambiato anzi, quei serbatoi che erano “scaduti” da circa 25 anni
oggi lo sono da 30. Trent'anni fa non garantivano più la tenuta di
una poltiglia altamente corrosiva e radioattiva che da sola
inquinerebbe l'ambiente per chilometri e chilometri, figuriamoci
oggi. Come si sa, queste delicatissime questioni vengono trattate dal
Ministero degli Interni ed oggi, un lucano, di quell'ufficio pubblico
è Viceministro.
Illustrissimo sen. Filippo Bubbico, Lei
cosa sa della sicurezza delle scorie nucleari custodite,
negligentemente e neghittosamente, presso il Centro Trisaia di
Rotondella? Quale piano a tutela della integrità delle popolazioni
lucane ha predisposto il Ministero degli Interni in caso di incidente
nucleare nel Centro Trisaia di Rotondella?
Illustrissimo signor viceministro,
dieci anni fa (ed anche qualche giorno fa) lei sostenne di non
conoscere l'intenzione del Governo Berlusconi di ubicare a Scanzano
Jonico il sito unico delle scorie nucleari italiane mentre il
sottosegretario Gianni Letta ed il Ministro Matteoli sostenevano il
contrario (vedasi il verbale del Consiglio dei Ministri). Ebbene,
oggi glielo chiediamo in anticipo così da evitare penose querele:
Signor Viceministro Bubbico, Lei oggi cosa sa dello stato di
conservazione dei rifiuti radioattivi del Centro Trisaia di
Rotondella? Se nulla sa, potrebbe cortesemente informarsi a fare
sapere qualcosa ai suoi concittadini lucani? (magari prima del 29 luglio prossimo!)
Dal settimanale “Il Resto” di Sabato 9 giugno 2007
NOI LUCANI, SEDUTI SULLA BOMBA ATOMICA
In una breve conferenza del gennaio
2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto procuratore in alcune
importanti inchieste sul centro ITREC-Enea di Rotondella) spiegò la
catastrofe che può verificarsi a poca distanza da Matera e che
causerebbe morti certe nel raggio di 300-400 chilometri.
“Noi non ci saremo”. Quelli che
ricordano questa celebre canzone dei “Nomadi” hanno dai
cinquant’anni in su. Per questo occorre spiegare qualcosa prima di
proseguire. “Vedremo soltanto una sfera di fuoco, più grande del
sole più vasta del mondo...”; è l’incipit della catastrofe
nucleare presagita nel drammatico testo del gruppo più “impegnato”
degli anni sessanta. La fine dell’umanità dei buoni, oserei
definirla “naif”, causata dall’umanità dei cattivi
(imperialisti?). Il ritorno, la rinascita della vita dalla natura ma
senza l’uomo. Una natura buona, saggia e positiva. Ecco spiegato il
titolo; “noi non ci saremo”; perché siamo la parte negativa,
rappresentiamo la cattiveria, la possibilità del male che tutto
travolge e distrugge, ineluttabilmente, anche i buoni. Questa è
l’utopia, quanto alcuni prevedono ed altri desiderano per poter poi
dire: “ve l’avevo detto, io”! Diversa è la realtà. Non è
immodificabile, non è ostaggio di uomini senza volto. È il banco di
prova della nostra vita che ci è data affinché incida sulle cose e
plasmi il mondo. O, almeno, ci provi. Così, per prima cosa, occorre
conoscerla questa realtà, a cominciare dalla “sfera di fuoco”
che potrebbe sorgere nel centro Enea di Rotondella. In una breve
conferenza del gennaio 2003, il Dr. Nicola Maria Pace (sostituto
procuratore, PM in alcune importanti inchieste sul centro ITREC-Enea
di Rotondella) spiegò la catastrofe che può verificarsi a poca
distanza da Matera e che causerebbe morti certe nel raggio di 300-400
chilometri. Parlò del combustibile nucleare esausto (barre e
derivati) conservato (?) nel centro jonico. Il vocabolo “esausto”
trae in inganno, dà l’idea di qualcosa che è attenuato, esaurito,
svuotato. Invece significa l’esatto contrario. Si tratta di uranio
o plutonio o qualche altra diavoleria radioattiva che non può essere
più oggetto di reazione atomica controllata. Nelle centrali
nucleari, le famose “barre” di combustibile vengono bombardate
con fasci di particelle elementari ad alta energia. Semplificando
potremo dire che una particella colpisce un atomo di uranio e lo
spezza in due causando la scomparsa di qualche pezzettino di materia
e la sua trasformazione in energia (E=MC2, A. Einstein).
Nel trambusto, partono altre particelle che, a loro volta, spezzano
altri atomi e la storia continua. Si chiama “reazione a catena”
che, lasciata a se stessa, diventerebbe una esplosione nucleare. Le
“barre” usate nelle centrali, fortunatamente, contengono alcune
sostanze che assorbono le particelle eccedenti e stabilizzano la
reazione, mantenendo costante il rapporto fra atomi colpiti e nuove
particelle in grado di spaccare atomi integri. Quando queste sostanze
“assorbenti” si riducono, il combustibile si dice esaurito ma,
come ben capite, si tratta di un oggetto tutt’altro che innocuo.
Possiamo definirlo un “cattivo” soggetto, da trattare con le
molle. Tolto dalla centrale, bisogna conservarlo in condizioni di
temperatura tale da evitare l’innesco della reazione atomica tipo
Hiroshima. Come per Rotondella, spesso questa condizione viene
realizzata mediante immersione in acqua corrente che a contatto con
lo zoppo (radioattivo) impara a zoppicare. Qualcuno dovrebbe spiegare
che fine fa quest’acqua altamente radioattiva. Altra tecnica,
prevede il parziale riciclo, tecnicamente detto riprocessamento. La
“barra” viene sminuzzata con speciali punzoni e sciolta in
liquidi tremendamente corrosivi. Mediante centrifugazione, si estrae
dalla poltiglia l’uranio ancora presente che viene riciclato in
nuovi componenti combustibili. Resta la poltiglia, altamente
radioattiva e terribilmente corrosiva. Anch’essa bisogna che sia
raffreddata costantemente in appositi serbatoi adatti per resistere
ai fortissimi acidi. Quelli di Rotondella sono “scaduti” da oltre
vent’anni e, invece che sostituirli, vengono rabberciati dopo ogni
perdita. Le diverse centinaia di barili di “terreno decorticato”,
visibili ad occhio nudo nei capannoni dell’Enea (ammesso che
abbiate l’autorizzazione per entrare ed una tuta anti radiazioni
per restare in vita un tempo sufficiente per raccontarlo) narrano la
storia dei vari incidenti che hanno inquinato i terreni circostanti
il centro ITREC e chissà cos’altro. I lucani, i calabresi, i
campani ed i pugliesi vivono così. Seduti sulla polveriera
radioattiva in cui è conservata la busta “top secret”,
rigorosamente in inglese tecnico, su cui campeggia la scritta: “da
aprire solo in caso di incidente nucleare”. Vi lesse, il temerario
dr. Pace, dopo aver superato dinieghi e resistenze difficili da
spiegare, che sono in pericolo immediato di vita tutti gli abitanti
nel raggio di 400-500 chilometri e poi via via con disegnini e cerchi
concentrici sempre più larghi e di diverso colore. “Ma noi non ci
sareeeemoooo, noi non ci sareeeeeemooo”. Forse. (di Claudio
Galante)
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