1 settembre 2012 / In News
Vedendo il mare di
sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui
giornali di ieri, mi è venuto in mente il discorso della Montagna
dove Gesù ammonì i suoi così: “Guai quando tutti gli uomini
diranno bene di voi” (Luca 6, 24-26). I veri discepoli di Gesù
infatti sono segno di contraddizione: “Se foste del mondo, il mondo
amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il
mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”
(Gv 16, 18-20). Poi Gesù indicò ai suoi discepoli questa
beatitudine: “Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi
metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome
come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel
giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei
cieli” (Luca 6,20-23).
Una cosa è certa,
Martini è sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il
mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli più
anticattolici e più ostili a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. Che
vorrà dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volontà? Ma i
fatti dicono che Martini ha sempre cercato l’applauso del mondo, ha
sempre carezzato il Potere (quello della mentalità dominante) per il
verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti,
ottenendo applausi ed encomi. È stato un ospite assiduo e onorato
dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni. O vi risulta che
abbia rifiutato l’esaltazione strumentale dei media che per anni lo
hanno acclamato come l’Antipapa, come il contraltare di Giovanni
Paolo II e poi di Benedetto XVI? A me non risulta. Eppure avrebbe
potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani
quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica
diceva: “è dei nostri”. Lui rispondeva indignato: “Ma che dei
vostri! Io sono un prete e basta!”. Quando cercavano di usarlo
contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: “in che cosa la
penso come voi? Ma in che cosa?”, “questa Chiesa è quella che
possiede i sacramenti. L’assoluzione dei peccati non me la dà mica
L’Espresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono
rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare
e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi”. E
ancora: “Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che
scrive e legge L’Espresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che
sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perché di
loro non sono”, “l’unica cosa che importa è Dio, l’unico
compito dell’uomo è stare ad adorare Dio, tutto il resto è
sudiciume”.
Queste meravigliose
parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non
le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che
hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui
egli faceva il controcanto puntuale all’insegnamento dei Papi e
della Chiesa. Tanto che ieri “Repubblica” si è potuta permettere
di osannarlo così: “non aveva mai condannato l’eutanasia”,
“dal dialogo con l’Islam al sì al preservativo”. Tutto quello
che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e
possibilista: “non è male che due persone, anche omosessuali,
abbiano una stabilità e che lo Stato li favorisca”, aveva detto.
È del tutto legittimo –
per chiunque – professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa
Romana Chiesa? Non c’è una contraddizione clamorosa? Cosa
imporrebbe la lealtà? Quando un cardinale afferma: “sarai felice
di essere cattolico, e altrettanto felice che l’altro sia
evangelico o musulmano” non proclama l’equivalenza di tutte le
religioni? Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che
contraddiceva le idee “politically correct”? O chi ricorda
un’ardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati? Io non li
ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e – sottolinea costui
– “non ha mai fatto nulla per convertirmi”. Lo credo. Infatti
Scalfari era entusiasta di sentirsi così assecondato nelle sue
fisime filosofiche.
Nella seconda lettera a
Timoteo, san Paolo – ingiungendo al discepolo di predicare la sana
dottrina – profetizza: “Verranno giorni, infatti, in cui non si
sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire
qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie
voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle
favole” (Tm 4, 3-4).
Nella sua ultima
intervista, critica con la Chiesa, Martini si è chiesto dove sono
“uomini che ardono”, persone “che hanno fede come il
centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo
come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?”. Evidentemente
non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi.
Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino
portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. Sì, questa è la
tolleranza dei tolleranti. Martini ha incredibilmente firmato la
prefazione a un libro di Vito Mancuso che – scrive “Civiltà
cattolica” – arriva “a negare o perlomeno svuotare di
significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”. Ma
il cardinale incurante definì questo libro una “penetrazione
coraggiosa” e si augurò che venisse “letto e meditato da tante
persone” (del resto Mancuso definisce Martini “il mio padre
spirituale”). Dunque, demolire i dogmi della fede non faceva
insorgere Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della
Chiesa – hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti,
sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione
milanese e richiesti di abiura. Che paradosso. L’unico caso, dopo
il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per
semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale
progressista. “Il cardinale del dialogo”, come lo hanno chiamato
Corriere e Repubblica.
I giornali sono ammirati
per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente
banali. Per esempio: “emerge il bisogno di lotta e impegno, senza
lasciarci prendere dal disfattismo”. Sembra Napolitano. Grazie al
cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualità e
amore a Cristo. L’altro ritornello dei media è sull’erudizione
biblica di Martini. Senz’altro vera. Ma a volte il buon Dio mostra
un certo umorismo. E proprio venerdì, il giorno del trapasso di
Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la
demolizione dell’erudizione e della “Cattedra dei non credenti”
voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili.
Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato “ad
annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga
resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è
stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano,
ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: ‘Distruggerò
la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli
intelligenti’. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il
sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato
stolta la sapienza del mondo? Poiché… è piaciuto a Dio salvare i
credenti con la stoltezza della predicazione… Infatti ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 17-25). E il
Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Gesù – ribaltando i
criteri mondani – proclama “sagge” quelle che hanno conservato
la fede fino alla fine e “stolte” quelle che l’hanno perduta.
Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le
esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, “Il Manifesto”, Cacciari gli
sono inutili davanti al Giudice dell’universo (se non saranno
aggravanti).
Io, come insegna la
Chiesa, farò dire delle messe e prenderò l’indulgenza perché il
Signore abbia misericordia di lui. È la sola pietà di cui tutti noi
peccatori abbiamo veramente bisogno. È il vero amore. Tutto il resto
è vanità.
Antonio Socci (Da
“Libero”, 2 settembre 2012)