Petrolio
Lucano: silenzio si estrae!
In origine, in denaro altro non era che
materiale prezioso in se. Una moneta d'oro valeva tanto quanto oro la
costituiva e l'oro era interessante per gli uomini in quanto bello,
lucido, incorruttibile, immarcescibile. Poi, via via che i tempi
passavamo e correvano al galoppo nel secolo trascorso le cose
cambiarono. Sino agli anni sessanta, gli Stati Uniti d'America
garantivano una corrispondenza diretta tra la cartamoneta ed il
prezioso metallo. Il valore del “biglietto verde” non consisteva
nel materiale che lo costituiva, bensì in una convertibilità
predefinita dollaro/oro. Ad ogni dollaro corrispondeva un “tot”
di oro e la Banca degli Stati Uniti d'America era pronta in qualsiasi
momento ad effettuare lo scambio. Fino agli anni sessanta, appunto,
quando la Francia andò a vedere “il punto”, chiedendo di
cambiare in oro enormi quantità di dollari. In pratica si scoprì il
bluff: gli Stati Uniti d'America avevano messo in circolazione molta
più cartamoneta di quella che avrebbero potuto convertire in oro e
la convertibilità oro/dollaro andò a farsi benedire. Da allora, è
chiaro a tutti che non esiste più alcuna certezza che ad un pezzo di
carta, con su scritta una cifra, in una qualsivoglia divisa,
corrisponda qualcosa di tangibile che abbia effettivo valore. Anzi,
esiste un (molto) ragionevole dubbio che un giorno quella carta non
sarà convertibile nemmeno in un fico sapientemente essiccato. E
siamo ai nostri giorni. Orbene, l'Italia deve restituire (prima o
poi) il controvalore del debito pubblico che supera i duemila
miliardi di euro (quattro milioni di miliardi di lire) e, con i
chiari di luna dell'economia mondiale, rischia di non riuscire a
restituire nemmeno i soli interessi necessari a procastinare quel
debito nel tempo. Un privato sarebbe stato dichiarato fallito da un
pezzo, ma per uno Stato è diverso. Così il Governo si sta
adoperando per rastrellare fondi: disponendo nuove tasse, riducendo i
costi e vendendo dei beni. L'operazione è difficile e appare
scontentare troppi. Allora? Ci sarebbe una soluzione sotto gli occhi
di tutti ma non vista da nessuno: strano! La Basilicata, piccola
regione del Mezzogiorno d'Italia, galleggia sul petrolio. I dati sono
ballerini e parlano in epoca recente di un miliardo di barili. Negli
anni sessanta, l'ENI stimava 10 o 15 miliardi di barili. Qualcuno al
bar e senza aver bevuto arriva a parlare di 200 miliardi di barili,
ma si tratta di chiacchiere. Limitiamoci ai 15 miliardi di cui si
parlava in una rarissima pubblicazione del 1964. Quanto valgono? È
presto detto: circa 1500 miliardi di dollari, ovvero milletrantasette
miliardi di euro. Se poi fosse vera la metà delle chiacchiere sui
200 miliardi di barili...! In Italia il sottosuolo appartiene allo
Stato che, di conseguenza, avrebbe di suo 1.037 miliardi di
petro-euro nelle viscere della Lucania. Attualmente questa ricchezza
viene sfruttata da diverse compagnie petrolifere che lasciano in
cambio allo Stato il 7% di quanto pompano ed ai lucani gli stream gas
(bruciati senza alcun filtro) e tante altre schifezze. Beh! Penso che
chiunque sia in grado di continuare da solo il ragionamento.
Vendiamoci il petrolio e dimezziamo il debito pubblico dell'Italia in
un solo colpo e senza nulla togliere dalle tasche degli italiani. E
la Basilicata? Questa piccola regione ha firmato un accordo quadro
col Governo D'Alema per ricevere tutto quel 7% di royalties pagate
dai perforatori in cambio dell'uso (e abuso) del territorio. In
pratica ha già concordato un prezzo. Magari si potrebbe aggiungere
una qualche medaglia al valor civile, per aver salvato l'Italia dalla
bancarotta, e un regime di fiscalità agevolata per quanti investono
nell'agricoltura e nel turismo di questa straordinaria terra.
Proposte semplici e facilmente percorribili. A meno che qualcosa ci
sfugga, avendo l'abitudine, quando non è chiaro quello che c'è
davanti, di guardare a quello che c'è dietro. Infine, tornando alla
convertibilità della cartamoneta, si potrebbe pensare di stampare
dei petro-bond. Certificati di credito al portatore convertibili in
petrolio lucano. Un modo concreto e praticabile di restituire
sostanza al denaro e credibilità agli Stati ma, soprattutto, un
futuro agli italiani.
di
Filippo de Lubac
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