mercoledì 24 agosto 2011

I petro-bond lucani salveranno l'Italia: la questione petrolio che nessuno vuole affrontare

Petrolio Lucano: silenzio si estrae!
In origine, in denaro altro non era che materiale prezioso in se. Una moneta d'oro valeva tanto quanto oro la costituiva e l'oro era interessante per gli uomini in quanto bello, lucido, incorruttibile, immarcescibile. Poi, via via che i tempi passavamo e correvano al galoppo nel secolo trascorso le cose cambiarono. Sino agli anni sessanta, gli Stati Uniti d'America garantivano una corrispondenza diretta tra la cartamoneta ed il prezioso metallo. Il valore del “biglietto verde” non consisteva nel materiale che lo costituiva, bensì in una convertibilità predefinita dollaro/oro. Ad ogni dollaro corrispondeva un “tot” di oro e la Banca degli Stati Uniti d'America era pronta in qualsiasi momento ad effettuare lo scambio. Fino agli anni sessanta, appunto, quando la Francia andò a vedere “il punto”, chiedendo di cambiare in oro enormi quantità di dollari. In pratica si scoprì il bluff: gli Stati Uniti d'America avevano messo in circolazione molta più cartamoneta di quella che avrebbero potuto convertire in oro e la convertibilità oro/dollaro andò a farsi benedire. Da allora, è chiaro a tutti che non esiste più alcuna certezza che ad un pezzo di carta, con su scritta una cifra, in una qualsivoglia divisa, corrisponda qualcosa di tangibile che abbia effettivo valore. Anzi, esiste un (molto) ragionevole dubbio che un giorno quella carta non sarà convertibile nemmeno in un fico sapientemente essiccato. E siamo ai nostri giorni. Orbene, l'Italia deve restituire (prima o poi) il controvalore del debito pubblico che supera i duemila miliardi di euro (quattro milioni di miliardi di lire) e, con i chiari di luna dell'economia mondiale, rischia di non riuscire a restituire nemmeno i soli interessi necessari a procastinare quel debito nel tempo. Un privato sarebbe stato dichiarato fallito da un pezzo, ma per uno Stato è diverso. Così il Governo si sta adoperando per rastrellare fondi: disponendo nuove tasse, riducendo i costi e vendendo dei beni. L'operazione è difficile e appare scontentare troppi. Allora? Ci sarebbe una soluzione sotto gli occhi di tutti ma non vista da nessuno: strano! La Basilicata, piccola regione del Mezzogiorno d'Italia, galleggia sul petrolio. I dati sono ballerini e parlano in epoca recente di un miliardo di barili. Negli anni sessanta, l'ENI stimava 10 o 15 miliardi di barili. Qualcuno al bar e senza aver bevuto arriva a parlare di 200 miliardi di barili, ma si tratta di chiacchiere. Limitiamoci ai 15 miliardi di cui si parlava in una rarissima pubblicazione del 1964. Quanto valgono? È presto detto: circa 1500 miliardi di dollari, ovvero milletrantasette miliardi di euro. Se poi fosse vera la metà delle chiacchiere sui 200 miliardi di barili...! In Italia il sottosuolo appartiene allo Stato che, di conseguenza, avrebbe di suo 1.037 miliardi di petro-euro nelle viscere della Lucania. Attualmente questa ricchezza viene sfruttata da diverse compagnie petrolifere che lasciano in cambio allo Stato il 7% di quanto pompano ed ai lucani gli stream gas (bruciati senza alcun filtro) e tante altre schifezze. Beh! Penso che chiunque sia in grado di continuare da solo il ragionamento. Vendiamoci il petrolio e dimezziamo il debito pubblico dell'Italia in un solo colpo e senza nulla togliere dalle tasche degli italiani. E la Basilicata? Questa piccola regione ha firmato un accordo quadro col Governo D'Alema per ricevere tutto quel 7% di royalties pagate dai perforatori in cambio dell'uso (e abuso) del territorio. In pratica ha già concordato un prezzo. Magari si potrebbe aggiungere una qualche medaglia al valor civile, per aver salvato l'Italia dalla bancarotta, e un regime di fiscalità agevolata per quanti investono nell'agricoltura e nel turismo di questa straordinaria terra. Proposte semplici e facilmente percorribili. A meno che qualcosa ci sfugga, avendo l'abitudine, quando non è chiaro quello che c'è davanti, di guardare a quello che c'è dietro. Infine, tornando alla convertibilità della cartamoneta, si potrebbe pensare di stampare dei petro-bond. Certificati di credito al portatore convertibili in petrolio lucano. Un modo concreto e praticabile di restituire sostanza al denaro e credibilità agli Stati ma, soprattutto, un futuro agli italiani.
di Filippo de Lubac

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